Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, in un’intervista al “Messaggero” spiega che “per ogni fedele, il Giubileo affonda le sue tradizioni nel Vecchio Testamento ed è un particolare momento di raccoglimento. Già nel mondo ebraico, visto che la vita dei raccolti nei campi era scandita in cicli di sette anni, dopo 49 anni, il 50esimo era dedicato a Dio e a sé stessi. La chiesa cattolica, con Bonifacio VIII riprese questa tradizione, portandola poi a 25 anni. La porta è qualcosa da attraversare, che riporta alla vita con sé stessi, alla presenza di Dio”.
Dal punto di vista politico, Mantovano aggiunge: “Come autorità civili abbiamo mirato a realizzare le condizioni migliori possibili per la fruibilità di Roma, soprattutto nelle zone di maggior passaggio dei pellegrini. Certo, per i romani non sono stati due anni facili, hanno avuto molta pazienza. Ma questo sacrificio, ora che si procederà con le inaugurazioni, avrà avuto un senso: gli snodi di San Pietro, Termini, San Giovanni sono stati migliorati, c’è stato un potenziamento dei pronto soccorso”.
Il sottosegretario osserva, inoltre, che “è stato un metodo di lavoro collettivo e condiviso con il sindaco, con la Regione, con monsignor Fisichella, più gli altri soggetti del tavolo: ministeri coinvolti, Anas, Rai, un centinaio di persone in tutto. Il percorso iniziato due anni fa sembrava impossibile da portare a termine. E invece siamo arrivati all’appuntamento con gran parte delle opere ultimate. Non succede tutti i giorni”.
Non un miracolo giubilare, ma “un sistema. La cabina di regia si è riunita con estrema frequenza: 16 incontri in due anni, tolti i mesi estivi è quasi uno al mese. Così abbiamo risolto le questioni che mano a mano emergevano”.
Si può parlare di un “modello Giubileo”? “Sì certo – risponde Mantovano -, anche perché a Genova c’è stato bisogno di un commissario che andasse in deroga rispetto alle procedure ordinarie, qui invece si è fatto tutto senza deroghe, facendo le gare d’appalto, i controlli antimafia. Si sono date risposte immediate, senza riservarsi e senza scaricabarile. E rispettando l’obiettivo temporale”. Viene in mente la famosa battuta di Frankestein junior: “Si può fare!”: “Esatto, si può fare”. Anche con amministrazioni – governo e Regione da una parte, Comune di Roma dall’altra – di colore diverso: “Ma le rispettive maggioranze sono rimaste fuori dalla cabina di regia – segnala ancora Mantovano -. Ci siamo concentrati sull’obiettivo da raggiungere”.
Il momento più delicato: “All’avvio, per una sorta di scetticismo iniziale. Ma, come diciamo noi del profondo Sud, era solo ‘il primo sfruscio della scopa nuova’”.
A Roma resterà “tanto. A cominciare dai maggiori spazi pedonali, dal Castel Sant’Angelo a San Pietro. Roma è già attrattiva, lo sarà anche di più: è quel circolo virtuoso che, quando si innesta, fa superare anche le condizioni di abbandono di alcuni luoghi”, conclude sempre Mantovano.