Governo: la priorità della questione europea

Per il Presidente Mattarella, insieme all’euro, è il caposaldo del nostro futuro. Per il cambiamento è necessario un governo credibile.

 

Come ha ben colto l’economista Mauro Magatti su ‘’Il Corriere della Sera’’, l’Unione europea è vista dalla Lega e dal M5 come origine di tutti i mali, istituzione non democratica che non protegge nessuno e che pensa a interessi lontanissimi da quelli delle persone concrete. Una posizione, secondo Magatti, che avrebbe un effetto deflagrante, mettendo a nudo le contraddizioni che fino a qui sono state tenute in sordina. ‘’L’Europa o va avanti o è destinata da andare indietro – rilevava – Lo stato attuale delle cose non reggerà all’urto di un Paese fondatore con 60 milioni di abitanti’’.

Non solo giustificata, ma doverosa, quindi, la decisione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di non accettare un tecnico nel ministero economico, ma di pretendere un politico, eletto dagli italiani, nel ruolo di gestore di ‘’un eventuale punto di frattura storico fra il nostro Paese e l’Unione Europea’’. Come avverte Magatti.

Ed è anche indubbio che serva all’Italia e all’Europa una nuova visione dello sviluppo, capace di tornare a coniugare insieme e in modo credibile crescita economica e integrazione sociale, come era lecito aspettarsi dalla firma del Trattato di Maastricht nel 1992. In affetti la cosiddetta ‘’coesione’’ si rafforzò con la istituzione di un Fondo per la costruzione di infrastrutture per i Paesi in ritardo di sviluppo. Ma poi con l’allargamento a 27 Paesi, e quindi un assetto tornato fortemente disomogeneo, molte politiche europee furono spesso messe in discussione dai singoli Stati membri. Basti considerare le decisioni sul contenimento dell’ immigrazione.

Periodicamente si affacciano poi non pochi ‘’rigurgiti’’ sugli svantaggi della moneta unica, adottata da 16 Paesi. Privati della politica monetaria, gestita dalla Banca Centrale Europea, e quindi di una parte di libertà nella gestione degli investimenti, questi Paesi devono però fare ancora i conti con una politica fiscale diversa. Ed essa limita lo sviluppo di alcuni Paesi, come il nostro, per i quali la crescita economica avrebbe dovuto essere il prezzo pagato per l’euro.

Così l’Unione europea e l’Euro anziché favorire una maggiore omogeneità fra i Paesi membri, finisce per creare diseguaglianze sempre più vistose e intollerabili. La necessità di cambiamento è diventata così urgente per l’Italia, che non basta rovesciare il tavolo dei Trattati, occorre un’azione politica vigorosa e credibile, che vale l’intero governo.

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