“Metteremo a disposizione della procura la nostra indagine sull’housing sociale”. Lo ha detto l’assessore al Patrimonio e politiche abitative del comune di Roma Tobia Zevi, in una intervista a Repubblica, in merito all’inchiesta sul 1.386 appartamenti a canone calmierato da assegnare a chi non potrebbe permettersi un affitto che sono invece finiti in mano ad amici e parenti dei costruttori.
Zevi rassicura poi che si arriverà a un bando e una graduatoria pubblica, come sollecitato dall’assessore regionale del Lazio Massimiliano Valeriani. “Costruendo un rapporto di leale collaborazione con i privati. Senza furberie come assegnazioni ad amici, amici degli amici e parenti”.
Ieri Valeriani, in un’intervista a Repubblica, aveva indicato il bando pubblico come unica via per evitare le truffe, invitando il Comune di Roma a svolgere procedure di evidenza pubblica.
“Se gli appartamenti finiscono all’amico dell’amico – ha detto Valeriani – è una frode a danni della collettività. Il piano casa del 2009 e il regolamento stabiliscono delle regole precise: gli operatori possono avere una premialità, dunque costruire di più, a patto che un 20 o 30 per cento sia destinato all’housing sociale quindi a giovani coppie, persone che hanno all’improvviso problemi economici, anziani. Persone con un Isee tra i 15 mila e i 25 mila euro troppo ‘ricche’ per accedere alla casa popolare che però non possono permettersi un affitto a prezzo di mercato”.
In questo contesto, ha aggiunto l’assessore, “la legge regionale dice che l’housing è di competenza dei Comuni, che innanzitutto possono scegliere se fare o non fare gli accordi con i costruttori. Ma soprattutto stabilisce che le assegnazioni devono essere soggette a procedure di evidenza pubblica: o sono i costruttori che fanno degli annunci per pubblicizzare questo tipo di iniziativa edilizia o sono i Comuni che fanno dei bandi pubblici. In entrambi i casi – ha concluso Valeriani – il Comune deve fare dei controlli”.