Il balletto dello stadio come la Sora Camilla

Dopo anni di parole, trattative, accordi, smentite, ripensamenti e dimissioni rimane ancora una domanda fondamentale che pesa sul futuro dello stadio della Roma: chi lo vuole?

Lo Stadio della Roma? Un ecomostro pronto a distruggere Roma. Oppure no: lo stadio della Roma è un gioiello che rilancerà l’economia della Capitale. In mezzo, tra queste due visioni diametralmente opposte, un progetto fortemente voluto dalla giunta Marino e che invece è stato molto osteggiato dal Movimento 5 Stelle che è ora predominante in Campidoglio. Ma com’è nata l’idea? E perché non si riesce a trovare la proverbiale “quadra”? Facciamo un po’ di ordine.

 

L’approvazione del progetto

Il 22 dicembre 2014, l’Assemblea capitolina, a maggioranza Pd, dichiarò l’interesse pubblico dell’opera, condizionando però l’approvazione definitiva alla realizzazione, da parte della società AS Roma, delle opere connesse all’infrastruttura. Quattro gli interventi richiesti:

 

  • Il potenziamento del trasporto pubblico su ferro a servizio dell’area di Tor di Valle e della città, con 16 treni all’ora nelle fasce di punta e con un un nuovo ponte pedonale verso la stazione FL1 di Magliana. Il costo a carico dei privati è di 58 milioni di euro.
  • L’adeguamento di Via Ostiense/via del Mare fino allo svincolo del GRA, con un costo – sempre a carico dei privati – di 38,6 milioni.
  • Un nuovo ponte sul Tevere per l’autostrada Roma-Fiumicino (93,7 milioni).
  • Mitigazione del rischio idraulico e messa in sicurezza dell’area (10 milioni).

 

Proprio quest’ultimo punto è stato al centro di molte polemiche: c’è chi ha stabilito – compreso l’assessore Berdini – che vi sia un serio rischio idrogeologico e che una piena del Tevere potrebbe avere effetti disastrosi. Un falso problema: il Tevere entra a Roma da nord, una piena del fiume, per arrivare a travolgere Tor di Valle, dovrebbe prima distruggere completamente la città. Un’eventualità piuttosto remota, visto che la piena viene regolata a monte, a Castel Giubileo.

Non solo: a 500 metri in linea d’aria dallo stadio sorge il più grande depuratore d’Italia, quello di Roma Sud, senza contare l’autostrada Roma-Fiumicino: dobbiamo quindi pensare che le precedenti amministrazioni, in un raptus di follia, abbiano costruito infrastrutture nevralgiche per Roma e il Lazio in zone a rischio esondazione?

 

La “colata di cemento”

Recentemente Legambiente ha lanciato un nuovo grido d’allarme: ci sarà una colata di cemento a Tor di Valle. Se però si prende il progetto portato in conferenza dei servizi si vede che l’area interessata sarà di circa 180 ettari. Di questi, l’80% sarà fruibile dal pubblico (141,5 ettari). Il 12% dell’area (21 ettari) sarà utilizzato per realizzare lo stadio, mentre il 7% (12,5) per la costruzione del cosiddetto Business Park, il centro direzionale particolarmente criticato perché prevedrebbe delle torri alte più di San Pietro. Infine, 62 ettari (il 30% del totale) dovrebbe essere destinato alla realizzazione di verde pubblico. Chi critica il centro commerciale che dovrebbe sorgere nell’area – sulla falsariga di quanto avviene in tutta Europa nelle zone deputate alla realizzazione di stadi di proprietà – dimentica che a una distanza irrisoria ci sono il Parco Leonardo, Euroma 2 e il Warner Village. Luoghi in cui nessuno si è sognato di scatenare polemiche così accese.

La posizione dei 5 Stelle

In campagna elettorale il Movimento 5 Stelle ha sempre dichiarato la propria contrarietà allo stadio della Roma. Perché sarebbe stato una colata di cemento, perché sarebbe stato un regalo ai “palazzinari” e perché comunque non si vedeva di buon occhio un progetto fortemente voluto da Ignazio Marino. Poi però Virginia Raggi è salita al potere e si è resa conto che i “no” che aveva a disposizione non erano infiniti.

Si potevano bocciare le Olimpiadi e tutto il circo ad esse connesso, ma non si poteva pensare di impedire un’infrastruttura di cui si parla dal 1981. Lo Stadio Olimpico, infatti, è ormai a pieno titolo in centro alla città e i disagi per i residenti nei giorni delle partite sono tali da necessitare uno spostamento in una zona più periferica della città. Anche perché, a voler essere pignoli, è proprio l’attuale stadio di Roma e Lazio a trovarsi in una zona dall’alto rischio di inondazioni.

Quando Paolo Berdini ha rassegnato le sue definitive dimissioni, ha dichiarato che la giunta è ormai interamente concentrata sul progetto stadio senza un occhio di riguardo alle periferie, alle buche, ai rifiuti e ai trasporti. Ma è mischiare le pere con le mele: per lo stadio Roma Capitale non metterà neanche un euro. Il problema, poi, è che i 5 Stelle si sono accorti che continuando nella politica del “no” a priori, si rischia una batosta alle prossime elezioni. I sondaggi che mostravano come, oggi, Virginia Raggi non andrebbe neanche al ballottaggio, sono una fotografia piuttosto chiara della crisi che sta vivendo il Movimento, specialmente a Roma.

 

L’indotto

Infine è necessario precisare quale potrebbe essere l’impatto economico sulla città nel caso in cui si decidesse di portare a termine questo progetto.

 

  • 1,6 miliardi di euro di investimento in sei anni, interamente a carico dei privati.
  • Incremento del pil cittadino di 5,7 miliardi nei primi tre anni, 12,5 miliardi entro sei anni e 18,5 miliardi entro il 2026.
  • 1,4 miliardi di tasse in più nei prossimi nove anni. 500 nuovi occupati, con una riduzione della disoccupazione di quasi un punto percentuale (0,8%).
  • Un impatto economico sulla città di Roma di circa 2,5 volte quello generato a Milano da EXPO 2015 e del 68% più grande di quello del Giubileo. Tradotto: sarebbe come se si organizzasse un anno santo ogni due mesi e mezzo o un’Expo ogni cinque.

 

 

Gli stadi di proprietà

Mentre negli altri paesi quasi tutte le società possiedono impianti di proprietà, in Italia sono soltanto Juventus e Udinese ad averne. La Juventus, in particolare, dall’inaugurazione dello Stadium nella stagione 2011-2012 ha progressivamente innalzato il proprio fatturato, arrivando a sfondare la soglia dei 300 milioni annui. Un circolo virtuoso che ha permesso alla società torinese di incrementare gli investimenti e di accrescere le vittorie in campo nazionale e internazionale, ampliando il gap con le altre storiche “grandi” come Milan e Inter. Far registrare il tutto esaurito sistematicamente, in un impianto in cui si incassa l’intero botteghino – applicando oltretutto prezzi più alti di quelli delle altre squadre – consente di aumentare il fatturato in maniera significativa. La Juventus ricava circa 50 milioni all’anno solo dallo Stadium, mentre il Real Madrid. il Manchester United o il Barcellona arrivano a 120 milioni. Inter e Milan, insieme, non raggiungono i 50 milioni.

 

Il risarcimento

L’ultima questione che va analizzata è quella degli eventuali risarcimenti da corrispondere all’AS Roma e al costruttore Luca Parnasi nel caso in cui si decidesse di non realizzare lo stadio. I legali del Movimento 5 Stelle hanno dichiarato a più riprese che la Giunta capitolina non dovrebbe corrispondere nulla. Ma si parla di una cifra che potrebbe arrivare fino a 2,5 miliardi di euro. Una stima più prudenziale, realizzata dall’Avvocatura romana, parla di circa 400 euro a romano, cioè una cifra intorno agli 1,2 miliardi di euro.

 

Innegabile, quindi, che molta demagogia sia stata fatta insieme a tanta disinformazione. L’unico aspetto che veramente avrebbe meritato maggiore approfondimento è quello della congestione del traffico: la Roma-Fiumicino è un’autostrada a due corsie per il primo pezzo, che diventano tre dopo la diramazione con il raccordo: un intervento di ampliamento potrebbe essere necessario per evitare che il combinato disposto tra partita e weekend al mare paralizzi completamente l’arteria meridionale di Roma.

(Ha collaborato Giulio Marino)

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