Dopo due anni di pandemia, a febbraio si sono registrati i primi migliorante dei consumi, dei redditi e del mercato del lavoro, ma a marzo – per effetto della guerra in Ucraina – la fiducia delle famiglie è crollata di 12 punti rispetto al trimestre precedente. È la fotografia che emerge dalla nota mensile dell’Istat sull’andamento dell’economia.
Mentre tra le imprese – spiega l’Istituto – “l’andamento della fiducia è differenziato tra comparti. Quella nel settore delle costruzioni è ancora a livelli massimi, mentre è diminuita la fiducia delle imprese manifatturiere e dei servizi, anche se nel turismo si segnala un deciso miglioramento”.
Per le famiglie nel quarto trimestre si riscontrano aumenti congiunturali del reddito disponibile e dei consumi “di intensità analoga (rispettivamente +1,3 per cento e +1,2 per cento)” che hanno determinato “un lieve aumento della propensione al risparmio, salita all’11,3 per cento. Il potere di acquisto ha registrato un marginale miglioramento (+0,1 per cento) condizionato dall’aumento del deflatore implicito dei consumi (+1,2 per cento). Nel 2021, in media, il reddito disponibile è salito del 3,8 per cento, il potere di acquisto del 2,1 per cento mentre la propensione al risparmio delle famiglie è diminuita al 13,1 per cento (15,6 per cento nel 2020, 8 per cento nel 2019)”.
E ancora: “La fase di miglioramento dei consumi è in parziale attenuazione. A febbraio, le vendite al dettaglio in volume sono aumentate dello 0,4 per cento, trainate dai beni non alimentari (+1,6 per cento), mentre nel periodo dicembre-febbraio le vendite hanno manifestato un calo rispetto al trimestre precedente (-0,4 per cento). I segnali provenienti dal mercato del lavoro sono rimasti positivi. Rispetto al mese precedente, a febbraio, è aumentata l’occupazione (+0,4 per cento, pari a +81mila unità), ed è diminuito il numero di persone in cerca di lavoro (-1,4 per cento, pari a -30mila unità) e di inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,6 per cento, pari a -79mila unità)”. E infine: “L’incremento dell’occupazione si è accompagnato a una ricomposizione a favore dei dipendenti a termine (+133mila unità) e degli indipendenti (+56mila unità) verosimilmente legata ai miglioramenti dell’occupazione nelle costruzioni dove la loro l’incidenza è più elevata”.
L’Istat ha inoltre riferito che: “Ipotizzando per marzo un livello dell’attività economica uguale a quello di febbraio, nel primo trimestre 2022 la produzione industriale segnerebbe un calo dello 0,9 per cento. L’attuale tasso di investimento, sui livelli del 2008, e l’ancora elevata propensione al risparmio potrebbero rappresentare dei punti di forza per la ripresa della crescita economica incidendo sulle aspettative degli operatori”. Infine l’Istat ha concluso lo scenario delle prospettive e ha affermato: “In questo scenario, la forte accelerazione dell’inflazione, condizionata dall’andamento dei prezzi dei beni energetici, costituisce ancora il principale rischio al ribasso a cui si associano i possibili effetti negativi legati al rallentamento del commercio internazionale e all’apprezzamento del dollaro”.
Istat: aumento prezzi a marzo, sale inflazione acquisita 2022
L’Istat segnala una risalita dell’inflazione acquisita per il 2022, pari a 5,3 per cento (4,3 per cento a febbraio)
“La persistente tendenza al rialzo – spiega – è stata legata agli andamenti dei prezzi dei beni energetici e alimentari che in quest’ultimo periodo hanno risentito delle turbolenze geopolitiche. I prezzi della componente energia hanno segnato un incremento tendenziale del 52,9 per cento spinti dalle ampie fluttuazioni delle materie prime e del gas naturale: la crescita è stata più sostenuta per la componente dei beni regolamentati (+94,6 per cento) rispetto a quella dei non regolamentati (+38,7). Anche i prezzi dei beni alimentari hanno subito un’ulteriore accelerazione (+5,5 per cento da +4,6 per cento di febbraio) spinti dagli andamenti degli alimentari non lavorati (+8,0 per cento), influenzati dai rincari delle materie prime agricole”.
Ma non è tutto: “Nelle altre componenti dell’indice, si sono manifestati ancora contenuti segnali al rialzo. Nei servizi, la variazione tendenziale dei prezzi si è confermata stabile (+1,8 per cento) mentre è aumentata per i beni industriali non energetici (+1,6 per cento da +1,1 per cento di febbraio). A sintesi di questi andamenti, il ‘carrello della spesa‘, riferito ai prezzi dei beni alimentari per la cura della casa e della persona, ha continuato a mostrare una dinamica positiva (+5,0 per cento a marzo da +4,1 per cento del mese precedente). L’evoluzione dell’inflazione di fondo, nell’accezione che esclude gli energetici e gli alimentari freschi ha mostrato un ulteriore rialzo (+2,0 per cento da +1,7 per cento di febbraio) evidenziando un quadro di diffusione delle spinte inflazionistiche nel sistema”. E ancora: “A marzo, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo Ipca è cresciuto in termini tendenziali del 7,0 per cento, ma in misura meno intensa di quello dell’area euro (+7,5 per cento). Pertanto il differenziale inflazionistico dell’Italia è tornato negativo come effetto in particolare dell’ampliamento del gap relativo ai beni industriali non energetici (-1,6 punti percentuali) e ai servizi (-0,8 p.p.)”.
L’Istat ha inoltre riferito: “L’andamento dell’inflazione italiana ha continuato a risentire delle spinte dal lato dei costi come riflesso dei prezzi crescenti delle materie prime e in particolare del gas naturale, dei recenti apprezzamenti del cambio dollaro euro e delle strozzature dell’offerta in alcuni comparti strategici per l’industria italiana. In particolare, l’andamento dei prezzi dei beni energetici importati, misurati attraverso i valori medi unitari, si riflette nella componente energetica dell’indice Ipca, seppure con intensità più contenute. L’intensità degli aumenti dei beni energetici coinvolge anche i prezzi sul mercato interno in aumento del 41,4 per cento su base annua. Al netto del comparto energetico, la crescita dei prezzi alla produzione è pari all’11,7 per cento in termini tendenziali. Anche per il raggruppamento dei beni di consumo si manifesta un ulteriore rafforzamento degli aumenti (+6,0 per cento in termini tendenziali), confermando la diffusione del fenomeno inflativo nelle diverse fasi della distribuzione”.