La disoccupazione tecnologica creata dall’impatto dell’innovazione e di Industria 4.0. É questo il tema del futuro per il Movimento 5 Stelle, anche in vista delle prossime elezioni.
Come sta cambiando il mondo del lavoro? Nel prossimo decennio il futuro del nostro Paese sarà connotato da crescita o da decrescita? I posti di lavoro aumenteranno o diminuiranno in rapporto alla popolazione attiva? Quali settori saranno carenti, quali adeguati e quali esuberanti di occupati? La globalizzazione, lo sviluppo dei metodi organizzativi, il progresso tecnologico, la longevità, i flussi migratori come influiranno sulla creazione e sulla distruzione dei posti di lavoro? La criminalità organizzata come influirà sulla creazione e sulla distruzione dei posti di lavoro?
A queste e tante altre domande ha provato a rispondere una ricerca previsionale, iniziata a maggio dello scorso anno, intitolata “Lavoro 2025. Come evolverà il lavoro nel prossimo decennio”, coordinata dal sociologo Domenico De Masi e condotta secondo il metodo scientifico Delphi con la collaborazione di undici esperti di varia estrazione (Leonardo Becchetti, Federico Butera, Nicola Cacace, Luca De Biase, Donata Francescato, Fabiano Longoni, Walter Passerini, Umberto Romagnoli, Riccardo Staglianò e Michele Tiraboschi, ciascuno ignaro di chi fossero gli altri e di chi fosse il committente), ai cui risultati sarà dedicata una “due giorni” di dibattito in programma a Roma, alla Camera, domani e dopodomani. Probabile la presenza di Beppe Grillo.
Nel 2025, secondo gli esperti, il tasso di occupazione crescerà di tre punti rispetto al valore attuale, passando dal 56 al 59 per cento. Effetto soprattutto della riduzione della popolazione tra i 15 e il 64 anni. L’automazione distruggerá più posti di quanti ne creerà mentre il Pil italiano crescerà alla media dell’1,3% annuo fino al 2025; +0,9% per la produttività e +0,4% per l’occupazione. Ma il punto debole dell’Italia, si sottolinea nella ricerca, é al capitolo formazione. Tutti gli indicatori dimostrano la correlazione tra numero di laureati e sviluppo: eppure fatti 100 i giovani in età universitaria in Italia appena 36 sono iscritti all’università. In Russia sono 76, negli Stati Uniti 94 e in Corea del Sud ben 98.
“Il M5S non guarda alle prossime elezioni, ma alle prossime generazioni. – spiegano i deputati Pentastellati – Ecco come nasce questa ricerca scientifica, il primo studio previsionale che mette in campo scenari di trasformazione delle organizzazioni produttive nei prossimi dieci anni”.