Sindacati e piccole imprese vedono nero sul futuro dell’economia di Roma e del Lazio. La nostra regione sembra non trovare via d’uscita, in un quadro nazionale tra l’altro non certo esaltante. E il lavoro ne risente in modo negativo.
“I dati dell’osservatorio sul precariato relativi ai primi sei mesi del 2019 confermano, per quanto riguarda il Lazio, una tendenza consolidata. I contratti a tempo indeterminato attivati sono inferiori delle cessazioni”, afferma Antonella Monchieri, segretaria della Cgil di Roma e del Lazio.
“Nei primi sei mesi del 2019, infatti, le attivazioni sono state 74.490, mentre le cessazioni sono state 83.235 – prosegue Monchieri – Cio’ significa che 8.745 contratti a tempo indeterminato non sono stati sostituiti con la stessa tipologia contrattuale”.
“Riqualificare il lavoro, la sua dignità ‘, la sua funzione sociale e’ diventato un imperativo categorico – afferma Monchieri -. Bisogna sperimentare strade nuove per creare occupazione, come ad esempio i lavori garantiti. Gli enti pubblici devono fare gare d’appalto che tengano conto della qualita’ del servizio coniugato con la qualita’ del lavoro”.
Per Monchieri “ se veramente si vuole tirare fuori Roma dalla spirale critica nella quale e’ stata colpevolmente infilata, la pubblica amministrazione deve avviare una nuova stagione di assunzioni. Cio’ significherebbe migliorare i servizi, rendere esigibili i diritti e dare un contributo importante per far ripartire l’economia della citta”.
Ormai di grandi aziende nel Lazio ce ne sono poche. E allora bisogna puntare sulle piccole e medie imprese. Ma anche qui il futuro non è positivo, dice Stefano Di Niola segretario generale di Cna Roma. “Nel Lazio abbiamo 300 mila disoccupati, di cui circa l’80% incidono su Roma – dice Di Niola – Servono politiche attive e formazione persino permanente, ma anche sgravi per le assunzioni. Nonostante il clima economico non buono, al 30 giugno erano 501 mila”.
Per Di Niola bisogna agire in tre direzioni: fisco, burocrazia, credito. “Faccio notare che, per esempio, per aprire un bar ci vogliono 72 adempimenti e bisogna passare per 26 enti – afferma il segretario generale di Cna Roma – Non è possibile continuare in questo modo, anche per la p.a. è un pessimo pagatore e l’accesso credito nell’ultimo anno si è ridotto di circa un terzo”.