Lavoro col contagocce nel Lazio per via del Coronavirus

Entro fine luglio poco meno di 28 mila assunzioni, il 33% in meno dello scorso anno. Particolarmente in crisi il florovivaismo, flop dei matrimoni

operai al lavoro

La crisi del mercato del lavoro dovuta al coronavirus continua ad avere una coda lunga, troppo lunga. Nel Lazio, entro fine luglio, si prevedono poco meno di 28 mila assunzioni. Ovvero il 33% rispetto a luglio 2019. Lo afferma l’ultimo rapporto di Unioncamere e Anpal.

A livello nazionale sono circa 263 mila le assunzioni previste dalle imprese nel mese di luglio 2020. Le figure professionali più richieste in questo periodo riguardano anzitutto le attività commerciali e del turismo a partire dagli addetti nelle attività di ristorazione (circa 57mila), dal personale non qualificato nei servizi di pulizia (circa 34mila) e dagli addetti alle vendite (oltre 20 mila). Rispetto allo stesso periodo del 2019 si prospetta un calo complessivo delle entrate pari a -38,6% (più forte nell’industria che nei servizi). Dunque il Lazio fa meglio di circa 5 punti della media nazionale.

Si riducono anche le imprese che programmano assunzioni (sono il 10%, contro il 16% di un anno fa). Per il trimestre luglio-settembre le entrate previste di posizioni lavoro si attestano a 622mila, evidenziando in questa fase incertezza diffusa soprattutto per il mese di settembre.

Nel Lazio è anche in forte crisi il settore florovivaistico. La regione è la quinta a livello nazionale per produzione. A oggi sono 70mila i matrimoni saltati in tutta Italia. Il Coronavirus ha rimandato tutte le nozze programmate per il periodo di lockdown ma anche molte di quelle previste a partire dal 15 giugno, data di avvio della “fase 3”.

Per la Cia, la Confederazione Italiana Agricoltori, i floricoltori hanno, infatti, già perso 200 milioni di euro con la sospensione dei matrimoni nel quadrimestre marzo-giugno, cifra che si deve raddoppiare con lo stop di tutte le altre cerimonie civili e religiose (battesimi, comunioni, cresime e funerali) e la soppressione di feste di laurea, convegni, eventi pubblici, fiere e assemblee, che ha dato il colpo di grazia al comparto, con imprenditori costretti a mandare al macero milioni di steli ormai sfioriti (più di 400 le varietà in commercio)

 

 

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