Quando non ci sono soldi, in famiglia si stringe la cinghia e si fa quello che si può con quello che si ha a disposizione. Si evita di cumulare debiti che non si possono pagare sulla base del criterio di cautela del buon padre di famiglia che è persino previsto nel nostro ordinamento giuridico. Almeno così vorrebbe una sana gestione.
Non accade così per gli amministratori locali che evidentemente ragionano su regole di contabilità che i più ignorano. Così succede che pur essendo solo all’inizio della crisi economica, conseguente a quella sanitaria, il nuovo sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, non solo decida di aumentare la spesa corrente a danno degli investimenti di lungo periodo. Ma stabilisca anche di finanziarne 304 milioni a debito. In pratica, proprio mentre l’Organismo di vigilanza del Comune suggerisce cautela su alcune stime di incasso legate, ad esempio, al turismo o, più in generale alla ricchezza prodotta sul territorio, il sindaco ritiene di poter spendere di più anche se c’è il rischio di incassare meno per effetto della crisi. Tutto regolare in termini di legge e anche di opportunità politica.
Più difficile ritrovare la logica contabile sapendo che la Capitale è ancora alle prese con la restituzione di 12 miliardi di debiti. Denaro che viene ripagato attraverso l’Irpef versata dai romani. E non solo con quella visto che il piano di rientro al 2048 prevede che il 60% di questa cifra venga rimborsata dal Tesoro e il 40% dai romani. Non solo, come ha evidenziato il consigliere della Lega, Fabrizio Santori, ci sarebbe poi anche da valutare oculatamente quali spese finanzierà il nuovo debito. Tutto questo sapendo che “per il Gabinetto del sindaco il budget sale a 5 milioni, rispetto ai 3,6 milioni del 2021: si spenderanno oltre 33 milioni in cinque anni per lo staff di Gualtieri” ha raccontato Santori al Fatto quotidiano, mentre “le risorse per i trasporti sono sempre le stesse”.