“Ancorché la perimetrazione sanitaria sia un atto amministrativo, appare significativo che in sede di segregazione delle entrate e spese sanitarie si evidenzi un disequilibrio. Il disequilibrio, tra l’altro, è sottostimato in quanto sussistevano fondi di dotazione negativi da ripianare che avrebbero dovuto incidere sulla voce di disavanzo. Emergono, quindi, dubbi sulla perimetrazione sanitaria con riferimento specificamente al disavanzo iscritto che viene stanziato per 136 milioni ma poi accertato per soli 91,091 (e riscosso per una cifra ancora inferiore). Vi dovrebbe quindi essere un residuo di stanziamento di 45 milioni di cui tuttavia non si rileva più la contabilizzazione, benché la Regione affermi che è la quota destinata ai fondi di dotazione”. Lo ha affermato la consigliera della Sezione regionale di controllo per il Lazio della Corte dei Conti, Laura d’Ambrosio, nella sua relazione sulla gestione sanitaria in occasione del giudizio di parificazione sul rendiconto generale della Regione Lazio per l’esercizio finanziario 2021. La gestione sanitaria 2020, ha sottolineato d’Ambrosio, “presenta un utile consolidato di 84.375.642,91 (risultato di esercizio bilancio sanitario consolidato 2020 e presente nel rendiconto regionale 2021 come entrata da ‘Utile gestione sanitaria’). Tale utile è stato valutato dal Tavolo ministeriale”. Per quanto riguarda le aziende ospedaliere, “la Regione afferma di avere risorse eccedenti lo stanziamento massimo riconoscibile-riconosciuto loro in quanto derivante dalle tariffe applicabili per legge.
L’eccedenza è erogata dall’amministrazione sotto forma di contributi per cassa, senza preventive assegnazioni che, invece, intervengono successivamente (anche ad anni di distanza) in forma di ‘regolarizzazione’ delle erogazioni. L’operazione incide nelle aziende solo sul valore patrimoniale (contributo aggiuntivo) e anche in sede di successiva regolarizzazione contabile incide sulla perdita aziendale (cioè sempre a patrimonio).
La presenza di maggiori costi rispetto ai ricavi per le aziende ospedaliere (quindi una perdita), insieme al pareggio contabile delle Asl, non rende chiaro, poi, come sia possibile avere conto economico complessivo in utile”. Inoltre, “è dubbio che la copertura di una perdita possa derivare da un movimento finanziario di iscrizione/cancellazione di crediti/debiti. In sostanza, mentre appare chiara la movimentazione della cassa regionale non è chiaro come la successiva ‘regolarizzazione’, che per la Regione comporta una cancellazione di un credito, trovi copertura nel bilancio regionale (o in quello sanitario)”. Con la pratica contabile adottata dalla Regione, ha sottolineato la consigliera della Corte, “il risultato è che i Lea vengono raggiunti (come certificato anche dal ministero), ma il costo per tale raggiungimento è superiore alle risorse periodicamente destinate e coperto con una sorta di erogazione straordinaria per cassa che è priva di una previa valutazione dei costi necessari e di quelli comprimibili”. Per d’Ambrosio “non si può che manifestare gravi perplessità complessive su quanto illustrato con riferimento sia al maturare delle perdite, sia al complesso della manifestazione contabile descritta con ricadute sulla stessa attendibilità dell’utile e sulla generale sostenibilità del sistema sanitario che, pur andando sistematicamente in perdita, registra una copertura di tale perdita solo da un punto di vista finanziario”.
In generale, ha concluso, “quanto descritto sembrerebbe non incidere sul rendiconto generale della regione che registra, invece, un utile da GSA (quindi un’entrata) anche negli anni precedenti al 2020, pur a fronte di un’operazione di copertura di perdite 2016-2019 divenuta necessaria per 2.075 milioni di euro”.