Roma, nel bene o nel male, è la sede dei palazzi delle istituzioni, fra i quali il Quirinale, dove viene insediato ogni sette anni un nuovo inquilino, cosiddetto Presidente della Repubblica.
Il suo ruolo come lo storico edificio che lo ospita, è soprattutto di rappresentanza, con un potere limitato alla nomina del Primo Ministro o allo scioglimento del Parlamento. Ma per entrambe le decisioni si tratta di una presa d’atto del volere dei partiti e delle situazioni che loro stessi determinano.
Eppure, come raccontano le cronache di questi giorni, per gli addetti ai lavori, giornalisti e politici, la nomina del successore di Sergio Mattarella, sembra quanto mai importante e quindi difficile. Anche se stentiamo a credere che alla gente comune interessi più di tanto.
Ma ciò non importa alla stampa e alla televisione, dove direttori di testata, editorialisti e politici ,richiamano l’interesse nazionale, la buona o la cattiva politica, per una ‘’recita’’ che vede impegnati oltre mille elettori che per alcuni giorni occupano ogni angolo del palazzo della Camera, Montecitorio, che ha anche allestito nel parcheggio un ‘’hub’’ per raccogliere il voto dai positivi al covid.
Stavolta la questione che angoscia i partiti è quella di ritrovarsi due tecnici, anziché due politici, nelle più alte cariche dello Stato. La pietra dello scandalo è Mario Draghi, che ha salvato la legislatura e riposizionato l’Italia all’estero, ma che ora diventa un ingombro peruna classe politica mediocre, ma desiderosa di non perdere del tutto la faccia.
L’ipotesi più gettonata di Draghi al Quirinale, prevede infatti un ipotetico ‘’clone’’, a Palazzo Chigi, alla guida di un governo fotocopia dell’attuale. Infatti le scadenze europee per il Pnrrlasciano poco tempo da perdere in inevitabili scaramucce per nuovi occupanti delle poltrone dell’esecutivo. Se questo dovesse essere il finale migliore di partita, vedrebbe anche il favore della finanza internazionale. Ma non è escluso un epilogo della recita capace di sorprendere…
Comunque vada gli italiani, sentendosi sempre meno coinvolti, ne prendono atto con distacco, come dimostra la crescita dell’assenteismo ad ogni chiamata elettorale.