I mercati rionali della Capitale stanno morendo. O sono in un’agonia disperata, salvo limitate eccezioni. Questa è l’amara verità. Chiunque abbia messo piede in una di queste strutture in questi anni li ha visti prima decadere e poi in qualche caso scomparire.
Questo è, ad esempio, il caso del mercatino mobile vicino alla stazione Termini, che si è trasformato da pittoresco luogo di vendita di prodotti alimentari in uno strano suk, dove di alimentare non c’è proprio nulla. La stessa cosa sta avvenendo anche in uno storico mercato chiuso, quello di Via Cola di Rienzo: anche qui la vendita di borse, pelletteria, vestiti economici sta avanzando inesorabile, soppiantando quella di frutta, verdura, carne e pesce.
Perlopiù, quello che sta succedendo è una lenta agonia di moltissime strutture, con la progressiva chiusura di parecchi stand che rendono quasi spettrale la visita a uno di questi mercati. Quello della circonvallazione Ostiense ne è un esempio.
Il punto è che questo non accade soltanto, come nel caso appena citato, a mercati fatti di baracche di legno e acciaio, mai ristrutturati dalla loro fondazione (che di fatto erano soltanto un’attività spontanea, successivamente regolarizzata), ma anche in quelli – come i plateatici all’aperto – che sono stati considerati a lungo come una rivisitazione moderna dei vecchi mercatini mobili rionali: l’esempio fra i più eclatanti è la struttura dell’Appio Claudio, nata una ventina d’anni fa ma già moribonda.
Tutto questo dovrebbe far riflettere i nostri amministratori locali, che però non sembrano aver mai avuto né il tempo, né la capacità di analisi dei trend sociali ed economici, né la lungimiranza di una visione che non fosse semplicemente rivolta a risolvere i problemi del passato.
Una storia di trasformazioni che non ha fermato il declino
Dapprima i mercati rionali sono nati come mercati mobili e in tal senso comportavano per i proprietari dei banchi un onere rilevante, perché ogni giorno dovevano spostare frutta, verdura e altri cibi in altri luoghi, per poi tornare indietro ogni mattina. Per questo, con il tempo, questi stessi commercianti sono diventati stanziali, mettendo su i famosi baracchini chiusi da un tendone di lamiera. Ma queste strutture diventavano fatiscenti, perché mancavano i servizi essenziali, mentre di notte i topi facevano razzia sotto i banchi e ovunque fossero rimasti residui di cibo. Dunque, semplicemente, queste strutture non erano e non sono al top per l’igiene.
La risposta delle giunte capitoline è stata quella di elaborare una soluzione a questi problemi, trasformando le baracchette in solidi stand, dotati di luce, acqua e scarichi, su una gittata di cemento (appunto, i plateatici all’aperto). Questa era una soluzione molto economica e, per questo, ben gradita ai politici, che, con una “rinfrescata”, pensavano che i mercati rionali sarebbero potuti sopravvivere.
Il punto è che nessuno fra gli amministratori aveva saputo leggere le tendenze in atto da molto tempo nella società. Prima l’esplosione dei supermercati, poi degli ipermercati, grandi strutture fino a 5.000 metri quadrati, dove andare a fare le scorte per l’intera settimana dietro la promessa di forti sconti (non sempre reali); infine, negli ultimi anni, con la crisi, il ritorno verso i supermercati di quartiere o “di prossimità”, come qualcuno ha detto, spiegando la tendenza dei consumatori a non fare più scorte, per evitare di pagare grosse somme tutte insieme.
L’evoluzione dei supermercati ci insegna qualcosa che nella mente degli amministratori locali, parafrasando Lucio Battisti, non c’è. Basta pensare che negli anni più recenti, i supermercati si sono sempre più dedicati alla vendita del “fresco”, ovvero di frutta e verdura, oltre che di pane, carne e di pesce. Di fatto, come ha giustamente fatto notare qualcuno, stanno replicando il modello dei vecchi mercati rionali, dove si entrava per comprare più o meno tutto quello che serviva dal punto di vista alimentare.
L’impatto dei moderni supermercati, prossimi al cliente ed onnicomprensivi
In altre parole, i supermercati di prossimità si sono trasformati in mini mercati rionali. Però, rispetto a questi ultimi, hanno alcuni vantaggi:
1. Sono spesso, per i consumatori, proprio dietro casa ovvero a distanza minore dei mercati rionali, in prossimità dei quali è difficile anche parcheggiare;
2. Sono dotati di aria condizionata e con i cambiamenti climatici in atto questa pare una soluzione molto gradita: si faccia un salto sotto il solleone in un plateatico all’aperto, come quello dell’Appio Claudio tanto per fare un esempio, per rendersene conto.
3. Sono aperti non soltanto tutto il giorno, al contrario dei mercati rionali che lo sono in genere soltanto la mattina, ma ora anche, in diversi casi, la sera tardi e alcuni anche di notte.
Resistono, è vero, grandi mercati storici al chiuso da poco rinnovati e con un parcheggio sotterraneo: l’esempio migliore è quello del Trionfale, i cui lavori di ristrutturazione sono peraltro durati anni. Il mercato del Trionfale gode, però, di alcuni vantaggi su quasi tutti gli altri: è molto grande, perché serve sostanzialmente molti quartieri insieme, essendo al crocevia fra di essi (Prati, Trionfale, Delle Vittorie ecc.). La mancanza di un moderno impianto di aria condizionata rende tuttavia poco piacevole la permanenza dei consumatori al loro interno durante l’estate più calda.
Le conclusioni sono facili da trarre. Se davvero si vogliono aiutare i mercati rionali, occorre ripensarli in toto, partendo dalle migliori esperienze di mercato, ovvero i supermercati. Quindi occorre tornare all’idea di strutture coperte, dotate tutte di un’efficiente aria condizionata, aperte tutto il giorno, magari con dei ristoranti e bar che possano essere luoghi di ritrovo in altre ore della giornata e per altri motivi, e magari con comodi parcheggi sotterranei.
Il tutto, ovviamente, non con la solita colata di cemento, ma con una sapienza costruttiva che soltanto dei buoni architetti possono realizzare. Il modello finale assomiglia più a quello di un centro commerciale alimentare che non di un vecchio mercato rionale.
Certo, per fare questo occorrono soldi (ma anche i privati potrebbero metterli a certe condizioni), ma prima di tutto servono idee e una mente rivolta al futuro e non al passato.