Camilla Mozzetti per Il Messaggero Roma
Gli alcolici? Ridotti ai vini biologici e di qualità. Le verdure? Preferibili quelle a km Zero. Si figura uno scenario non facile – ma finalmente utile – per i minimarket che assediano da anni il Centro storico di Roma. L’assessore al Commercio, Adriano Meloni, lo ha annunciato: «Entro fine mese porteremo in giunta il nuovo Regolamento per la riqualificazione delle attività commerciali della Città storica». Il provvedimento – di cui ad oggi tuttavia manca ancora la semplice bozza – punta a rendere la vita difficile a quell’armata di esercenti, per lo più stranieri, che macina affari soprattutto nel week-end attraverso la vendita di alcolici e superalcolici.
Nel piano di riordino – chiuso al momento tra i pensieri dell’assessore – c’è la volontà di ridurre le nuove aperture nella zona Unesco del I Municipio (che copre più di 100 tra strade, vie e piazza) attraverso l’adozione di criteri di qualità per la vendita dei prodotti. Banalmente, poiché è di fatto impossibile impedire a un esercente di aprire un minimarket che giuridicamente figura come attività di vicinato alimentare, a via dei Cerchi pensano di frenarne l’ascesa con l’adozione di una serie di criteri di qualità sulla mercanzia – prodotti “Dop”e “Doc” ad esempio – da vendere. Senza il rispetto di questi vincoli, non saranno rilasciati i permessi per le nuove aperture.
Ma il percorso per arrivare a dama è tutt’altro che semplice. Uno degli scogli da superare, senza far colare a picco l’intero progetto, riguarda il comportamento da seguire per i minimarket che già esistono (circa mille) nei 19,9 kmq del I Municipio. Rendere il Regolamento retroattivo significherebbe spalancare la porta dei ricorsi al Tar. Gli esercenti non ci penserebbero due volte a invocare la sospensione del provvedimento per illegittimità. E allora Meloni pensa di concedere a questi soggetti un tempo (variabile dai due ai tre anni) per adeguarsi alle nuove norme. Pena, la revoca delle licenze. Qualora tutto filasse liscio, si presenterebbe però un ulteriore problema: come controllare che le vecchie realtà si siano adeguate alle nuove regole quando il corpo della Polizia Locale è in sottorganico?
Anche per questo Meloni ha elaborato una soluzione: ripristinare la figura degli ispettori annonari, i controllori scelti tra le fila dei dipendenti amministrativi di Roma Capitale. Ma il passo resta per il momento solo un’ipotesi, in via dei Cerchi, sede dell’assessorato alle Attività produttive, non nascondono un certo imbarazzo. L’assessore ha, infatti, annunciato che il nuovo Regolamento sarà portato in giunta entro la fine di aprile. E lo ha annunciato pubblicamente. Ma al 31 del mese mancano appena 15 giorni, escluse le festività pasquali e del testo non c’è traccia alcuna, in sostanza, tutta l’operazione si potrebbe riassumere così: vogliamo cambiare tutto ma dobbiamo ancora capire come fare.
In più l’impianto del testo – che dovrà passare per i voti dell’assemblea Capitolina prima di entrare in vigore – prevede tutta una serie di tutele per le attività commerciali del Centro che Meloni ha presentato, nell’incontro di martedì scorso, alle associazioni di categoria – Confcommercio e Confesercenti in primis – come delle «novità assolute». In realtà alcuni obiettivi ricalcano in pieno atti licenziati da precedenti amministrazioni e mai applicati soltanto per l’assenza dei controlli. Nello specifico, se l’assessore promette la tutela e la salvaguardia di attività commerciali “storielle” come le librerie o le cartolibrerie, dimentica che entrambe queste realtà sono preservate nell’area del Centro di Roma già dal lontano 2006 con la delibera n° 36 e ancora dal 2009 con la delibera n° 86. Nei testi, infatti, si leggono, tra le attività da proteggere nel cuore della città, le librerie ma anche le cartolerie per l’appunto, oltre ai negozi di strumenti musicali, i negozi storici, le sartorie, le gallerie d’arte, le filaterie e gli antiquari. In sostanza, nulla di nuovo. Ma tutto facilmente dimenticabile e per questo – si sarà detto l’assessore – replicabile senza il timore di incorrere in un plagio.