A margine delle prime inconcludenti giornate di votazioni a Montecitorio l’ipotesi di Mario Draghi al Quirinale sembra più lontana, mentre si affacciano indecifrabili candidature.
Per Draghi continuare a guidare il governo con successo in una delicatissima fase, sia interna (Covid) che internazionale (Ucraina, caro materie prime e inflazione), non può prescindere dal poter contare su una solida maggioranza.
La contrapposizione fra i partiti emersa nella scelta del successore di Sergio Mattarella, difficilmente potrebbe ricomporsi con una strascicata nomina di un nuovo Capo dello Stato. Subito dopo le divergenze affiorerebbero anche nei confronti dell’esecutivo, ponendo fine al miracolo Draghi, e aprendo la strada a nuove elezioni.
Per contro se la maggioranza che sostiene il governo si dimostrasse unita nel portare il Premier al Quirinale, il miracolo Draghi potrebbe continuare con un successore da lui stesso scelto, alla guida di un nuovo governo fotocopia, che si insedierebbe in pochi giorni, senza conseguenze nella gestione delle emergenze.
Non votare Draghi, non vuol dire, come qualcuno cerca di far credere che non lo si voglia togliere da dove ha fatto e potrà continuare a fare molto bene, ma significa anche farla finita con il ‘’limbo’’ in cui Mattarella aveva costretto i partiti per far fronte all’emergenza pandemica ed economica.
Non interessa che sia stata una scelta positiva per il Paese e apprezzatissima all’estero, soprattutto in Europa. Ora finita la stagione Mattarella, i partiti, e qualcuno più di altri, colgono l’occasione per rialzare la testa e segnare il loro territorio. Peccato che in questo momento ciò non coincida con l’interesse del Paese.