Ama è ormai fuori controllo e i risultati si vedono, per le strade di Roma. E allora, quando non si ha più nulla da perdere, sarebbe il caso giocarsi tutte le carte del mazzo. Magari affidare parte della raccolta rifiuti ai privati, nell’attesa che il tanto sospirato termovalorizzatore prenda forma e corpo. Chicco Testa, presidente di Assoambiente e manager di lungo corso dentro e fuori le partecipate romane, ha rispolverato una vecchia suggestione, dalle colonne del Corriere.
“Se le quasi 1000 assunzioni decise per Ama fossero invece rese disponibile attraverso un nuovo soggetto privato avremmo almeno tentato una soluzione diversa. Non si capisce onestamente la posizione dei sindacati, di alcuni per lo meno, quasi che nuova occupazione fosse buona solo se fatta da un soggetto pubblico. Ne capiamo le ragioni, non sono ragioni nobili, ma solo la protezione di un regime che non guarda all’interesse della città. Per mia memoria sono almeno trenta anni che si cerca di riformare Ama: da destra e da sinistra e sempre senza successo”, chiarisce Testa.
Dunque? “Non si risolvono i problemi di Ama aggiungendo altro personale, come è stato deciso, ad un organismo profondamente malato. Ma casomai riducendo il perimetro e le funzioni di Ama e attribuendo alcune funzioni a operatori diversi da selezionare naturalmente attraverso gare. In modo tal da avere in città non l’unica monocoltura di Ama, ma potere confrontare prestazioni e capacità di soggetti diversi, mettendo in campo risorse fresche e non appesantite da una cultura aziendale insufficiente. Si potrebbe cominciare per esempio da una o più circoscrizioni, le più critiche, da affidare ad atri operatori. Per potere anche fare un bilancio comparativo e capire se quella di Roma è una dannazione o solo una grave carenza aziendale. Le poche risorse disponibili non possono finire nel calderone di una gestione a dir poco inadeguata”.