Rifiuti Roma: Comune impugna a Tar delibera Regione su commissariamento

Valeriani, ricorso Raggi blocca aiuto Regione

Il quartiere Tuscolano (giugno 2021)

Il Comune di Roma ha impugnato al Tar la delibera con la quale la Giunta della Regione Lazio lo scorso 27 maggio aveva dato 60 giorni di tempo al Campidoglio per individuare le aree idonee dove realizzare una discarica e un tmb, altrimenti sarebbe stata commissariata.

Venerdì sera, a quattro giorni dalla scadenza dei termini fissati nell’atto dell’esecutivo regionale e quindi del commissariamento, il Comune ha deciso di chiedere al tribunale amministrativo regionale la sospensione della delibera.

Il nuovo ricorso della sindaca Raggi “blocca l’iniziativa della Giunta Regionale per individuare un piano di impianti moderno che oggi non c’e’ e aiutare Roma a risolvere il problema dei rifiuti. Una delibera nata a causa dell’inadempienza del Comune e approvata dalla Giunta per attuare i poteri sostitutivi cosi’ come previsto dalla legge italiana”, afferma l’assessore al Ciclo dei Rifiuti della Regione Lazio, Massimiliano Valeriani. “Con questo ricorso e’ ancora piu’ chiaro ed evidente – prosegue – di chi sono le responsabilita’ dell’immobilismo e della precarieta’ della gestione del ciclo dei rifiuti che costa ai cittadini milioni di euro e lascia immondizia per le strade. Il Comune non fa niente e blocca le iniziative di chi vuole fare”.

Roma Capitale ha “assolto alle funzioni attribuite per legge ai Comuni e la delibera impugnata sia del tutto illegittima”. In questi termini l’Avvocatura capitolina ha chiesto al Tar di sospendere la delibera della Giunta del Lazio che da giovedì farà scattare il commissariamento del Comune se entro mercoledì non individuerà un sito dove realizzare una discarica di servizio e un altro per il tmb. Diverse le motivazioni addotte dai legali per ottenere l’annullamento, previa sospensiva, dell’atto regionale: “La Regione con la delibera del 28.5.2021, con cui ha diffidato Roma Capitale a provvedere entro 60 giorni ‘alla individuazione di uno o più siti nel territorio’ atti alla localizzazione e realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti, ha chiaramente violato le norme in materia di esercizio di poteri sostitutivi- si legge nel ricorso- invadendo la sfera di attribuzioni di Roma Capitale imponendogli attività niente affatto obbligatorie ed in ogni caso connotate da discrezionalità amministrativa”. Secondo l’Avvocatura del Comune “nella fattispecie in esame appaiono del tutto insussistenti i presupposti per l’esercizio dei poteri sostitutivi. Dalla motivazione della delibera impugnata non emerge affatto che Roma Capitale sia risultata inerte reiteratamente nel compimento di atti o provvedimenti obbligatori, né che abbia omesso l’adozione di singoli atti obbligatori”. Infatti “in virtù del complesso delle norme citate in epigrafe e, in particolare, delle disposizioni dell’art. 198 del Codice dell’Ambiente non costituisce un obbligo di legge per il Comune l’individuazione di uno o più siti idonei alla localizzazione e alla realizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti”.

Ne’ “l’obbligo in questione può farsi discendere dal Piano Regionale dei rifiuti, par. 11.1, nel quale è prevista la realizzazione di uno o più impianti di trattamento e uno o più discariche sul territorio di Roma Capitale per rispondere all’autosufficienza del suo territorio. Analogo obbligo è previsto per il sub-ATO di Città Metropolitana. Infatti, tale disposizione deve esser costituzionalmente interpretata in tema di riparto di competenze fra gli enti, nonché alla luce delle norme del Codice dell’Ambiente in merito ai contenuti del Piano Regionale dei rifiuti. Alla luce di tali criteri la disposizione del Piano in esame deve essere interpretata come individuazione del fabbisogno di impiantistica, la cui realizzazione non può che essere differita al momento in cui avrà attuazione la costituzione degli enti di governo”.

Costituzione che ancora non è avvenuta. Il piano rifiuti approvato lo scorso agosto “prevede entro 36 mesi dall’adozione del Piano, il raggiungimento dell’autosufficienza impiantistica, in termini di ATO (Ambiti Territoriali Ottimali) i cui confini territoriali coincidono con i territori delle 5 Province laziali. Dunque, in disparte le considerazioni sopra esposte in merito al difetto di competenza di Roma Capitale, appare assolutamente illegittimo imporre all’Amministrazione di svolgere le attività oggetto di diffida in tempi così ravvicinati e non compatibili con la programmazione di ampio respiro, prevista dal Piano”. Siccome l’Ato coincide col territorio della Città Metropolitana di Roma “è assolutamente illegittimo- scrive l’Avvocatura- imporre, anche sotto questo profilo, all’Amministrazione Capitolina una previsione impiantistica relativa anche allo smaltimento parametrata al solo territorio di Roma Capitale dal momento che tale territorio non esaurisce l’ATO. Trattasi di una modalità chiaramente elusiva delle norme in materia (dietro minaccia di esercizio di poteri sostitutivi)”. Pertanto “appare evidente che l’adempimento della Città Metropolitana, attesa l’unicità dell’ATO in cui ricade anche Roma Capitale e l’arbitrarietà della pretesa di autosufficienza a livello di sub ATO dovrebbe rendere ormai superata la delibera impugnata”. Inoltre i legali del Campidoglio non hanno mancato di sottolineare che “dall’aggiornamento della cartografia appare tuttavia chiaro che, all’interno dei confini del territorio di Roma Capitale, non esistono aree idonee senza condizioni (c.d. aree bianche) alla realizzazione di impianti di smaltimento (discariche)”.

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