La gravissima crisi economica innestata dalla Pandemia potrebbe avere conseguenze disastrose e irreversibili. La produzione industriale ha subito una brusca frenata. Molte aziende e attività commerciali dopo lo stop per il lockdown non riapriranno. La disoccupazione è in netta crescita e la cassa integrazione incontra difficoltà per far fronte all’esplosione di richieste.
Le conseguenze del Covid-19 per l’economia italiana, non sono più gravi rispetto a quelle che il virus, ancora invincibile, sta provocando alla condizione produttiva e sociale dei Paesi di mezzo mondo. Da noi però già si teme che il passaggio dall’emergenza sanitaria a quella economica, con l’inevitabile incremento di povertà e disuguaglianze, potrebbero far montare la rabbia sociale.
Secondo un sondaggio realizzato da Ipsos per il Corriere della Sera per il 63% degli intervistati i sentimenti di rabbia e di divisione ostacoleranno e rallenteranno l’uscita dell’Italia dalla crisi economica.
‘’Appare evidente – trae le conclusioni Nando Pagnoncelli – che in assenza di un grande progetto per il futuro del Paese si rischia di dissipare quanto di positivo è emerso tra la gran parte degli italiani nelle settimane più buie’’.
E secondo il sondaggista mai come in queste circostanze l’esempio deve venire dall’alto (ossia un compromesso tra posizioni politiche anche se non sempre convergenti ma in grado di porre le basi di una situazione prospera e duratura), altrimenti le opinioni che si stanno affermando fra gli italiani rischiano di diventare una triste profezia che si autoavvera’’.
‘’Lo scenario mi pare abbastanza drammatico – rileva l’economista Keynesiano, Salvatore Biasco, intervistato da La Repubblica “i cambiamenti che una situazione del genere reclama sono enormi. Non ci si può accontentare di una politica del giorno dopo giorno, occorre una visione ampia del futuro.’’
Per Biasco la crisi sta riportando al centro la forza e la centralità dello Stato: non solo garante dell’equilibrio sociale, ma anche dominus dell’economia. ‘’E’ una sfida enorme, ma chi può guidare queste trasformazioni se non uno Stato ripensato nel profondo?’’ Si domanda l’economista, grande amico di Caffè, sottolineando che la politica dovrebbe avere questo ruolo virtuoso.
Riguardo all’inevitabile esplosione del debito per i grandi investimenti pubblici che saranno necessari, Biasco considera che sia fondamentale che ‘’l’Europa prenda consapevolezza del bivio su cui ci troviamo tutti e azzeri i debiti nati in conseguenza della Pandemia’’.
Ma forse del ‘’bivio’’ che ci ha imposto il terribile virus non ha preso ancora coscienza, non solo l’Europa e i suoi partners, ma ciascun Paese, dagli Usa alla Russia. Non si tratta infatti solo di riaccendere la produzione e tornare come prima dell’emergenza.
Il ‘’come prima’’ dobbiamo invece scordarcelo.
La dura lotta contro il fantasma micidiale ha segnato profondamente ciascuno di noi, per i genitori defunti e non accompagnati al cimitero, per il lungo tempo di costretta meditazione tra le mura domestiche, per la distanza sociale tuttora in parte ancora imposta. E’ impensabile che il cieco consumismo riprenda alla grande. Già si vedono i segni: i negozi riaperti continuano ad avere pochissimi clienti. E anche l’interesse per un qualsiasi acquisto sembra cosa del passato.
Questo atteggiamento non è solo frutto della paura del futuro o della ridotta capacità di acquisto ma, nasce piuttosto da un ribaltamento di valori e di priorità.
In questi imprevisti mesi di “solitudine”, forse di “meditazione” e di presa di coscienza è come se la condizione umana, fin qui vissuta, si fosse di colpo rivelata per quello che è e che vale. Tutto questo concentrasi fra sè e sè ci ha messo di fronte ad un nuovo specchio e quindi ad una nuova realtà.
Abbiamo capito che possiamo limitarci quando è necessario e che il nostro valore reale non è dato esclusivamente dall’uso compulsivo della carta di credito. Questo ci pone davanti ad una nuova strada che spinge ai margini il superfluo e l’inutile.
Cambiando in modo così importante il senso e la portata della domanda, va da sè, che anche l’offerta dovrà cominciare ad adattarsi e i governi dovranno pensare ad un’alternativa al ‘’vecchio’’ modello di sviluppo.