Roma e il tormento del benchmark con Milano

Enfatizzate le inefficienze della Capitale e le tasse record che sminuiscono il cambiamento della giunta M5S

Se ci sono due città che si assomigliano per nulla sono Milano e Roma. Eppure si continua a fare paragoni che di solito vanno nettamente a sfavore di Roma. E’ vero che sulla qualità della vita di una metropoli pesano molto i trasporti, il decoro, la pulizia e altri servizi, nei quali da sempre Roma risulta molto svantaggiata rispetto a Milano.

La Capitale è però in testa alle preferenze del turismo sia mondiale che interno, con un’offerta museale, storica e territoriale unica.
Quest’anno si è avuto anche un incremento record di presenze. E il giudizio dei residenti sui servizi di Roma per la prima volta,
inaspettatamente, non è peggiorato, nonostante l’aggravarsi dei problemi nella circolazione dovuti a buche, voragini e caduta di alberi.
Secondo la Camera di Commercio di Roma negli ultimi 8 anni circa 2.500 imprese sono fallite o hanno scelto, come Sky, di lasciare la
Capitale. Ma c’è da chiedersi quanto pesino le croniche inefficienze dei trasporti e della logistica sulle scelte di trasferimento, rispetto a
politiche aziendali finalizzate a ridimensionamenti occupazionali, favoriti certamente da un cambio di sede.

Certo, nel confronto con Milano la tassazione locale per le imprese risulta più pesante del 4,5 per cento riguardo all’addizionale Irpef sui lavoratori a livello regionale e comunale, nonché un 24 per cento in più rispetto all’Irap. Ma non è soltanto per motivi fiscali che negli ultimi mesi Milano ha registrato la nascita di ben 1160 start up, quasi il doppio rispetto le 625 con sede a Roma. La salda tradizione finanziaria e produttiva di Milano non potrà mai essere un terreno di competizione per Roma.

Lo studio UIL Roma e Lazio in collaborazione con l’Eures, ripreso con enfasi da alcuni giornali, sottolinea poi l’impoverimento di Roma in tutti i settori riportando che mentre Milano dal 2008 al 2016 il Pil è aumentato del 1 per cento quello della Capitale è sceso invece del 6 per cento. Inoltre il Pil pro capite risulta arretrato del 15 per cento contro il calo del 9 per cento della media nazionale.
Infine sul fronte delle tasse i romani risultano al top sia riguardo l’irpef regionale, arrivata a 636 euro in media per ogni cittadino (+ 37 per cento dal 2013) e quella comunale di 278 euro (+ 12,9 per cento nello stesso periodo), rispetto a una media nazionale di 186 euro.

In particolare l’addizionale comunale elevata discende dalla gestione commissariale dell’ingente debito pregresso di oltre 10 miliardi, che la sindaca Raggi si è impegnata ad alleggerire, ma che pesa ancora ogni anno di circa 200 milioni di spettanza del Comune, rispetto un totale annuo da restituire di 500 milioni, di cui 300 a carico dello Stato.
Mentre l’addizionale regionale è la pesante eredità della sprovveduta gestione per tanti anni della sanità, che solo recentemente è uscita dal commissariamento.

Viene riconosciuto un leggerissimo sollievo ai romani nell’ultimo biennio con la riduzione della Tasi del 2,6 per cento, di cui l’1 per cento quest’anno e 1,6 per cento nel 2017. Poca cosa, ma comunque un segnale positivo che arriva dalla nuova Amministrazione, alla quale spesso, con troppa leggerezza, vengono imputati errori e inefficienze del passato, che il confronto con Milano ingigantisce a piacimento.

Soprattutto se sospinto da avversari politici.

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