Roma non è più la capitale del grande credito

Il sistema creditizio romano si è sempre basato su tre pilastri: la Banca di Roma, la BNL e la Banca Cooperativa di Roma. Ma ora è tutto cambiato: alcuni istituti sono volati a Milano, altri addirittura all’estero e all’imprenditoria laziale manca un rapporto diretto con le banche, oggi interessate a rientrare dei crediti

C’era una volta il sistema creditizio romano. Era solido e si basava su tre pilastri: la Banca di Roma, la Banca nazionale del lavoro e la Banca cooperativa di Roma. Era un sistema radicato sul territorio a servizio dell’economia locale e nazionale. Oggi di quel mondo non è rimasto molto. Buona parte è volata a Milano, se non all’estero.

Il risultato è che, in un momento di acuta crisi economica, il tessuto produttivo romano e laziale non ha più solidi riferimenti nel credito. Non a caso gli imprenditori della Regione spesso lamentano un rapporto asettico con i grandi istituti di credito che, sofferenti per via dei crediti inesigibili, sono oggi più attenti a rientrare dei loro crediti che non a tenere in vita l’economia del territorio.

Il caso Fiera di Roma

Lo testimoniano casi come quello della Fiera di Roma: la Banca di Roma, ex controllata dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), finanziò il progetto che prevedeva la riqualificazione dei vecchi spazi della Colombo e la nascita di un nuovo polo in prossimità di Fiumicino. Fra ritardi delle varie amministrazioni e varianti di progetto, la riqualificazione non si è mai fatta e la Fiera, indebitata, rischia il collasso. Prima ancora del fallimento, già oggi, però, sono i fornitori a pagare il conto dell’insuccesso. Complice anche il fatto che Unicredit, in cui confluì la Banca di Roma sotto il cappello di Capitalia, ha stretto i cordoni della Borsa.

Non hanno avuto miglior sorte altri progetti immobiliari a lungo finanziati dalla Banca di Roma di Cesare Geronzi come, ad esempio, quelli del costruttore Luca Parnasi. Anche in questo caso, i cespiti e i progetti di sviluppo immobiliare sono confluiti in Unicredit in occasione della ristrutturazione avvenuta dopo la morte di Sandro Parnasi. Oggi è la banca milanese dall’azionariato internazionale e dalla gestione francese che decide il bello e il cattivo tempo su tutta una serie di dossier che Parnasi aveva in cantiere. Anche su progetti importanti come lo Stadio di Roma, dal momento che ha finanziato in parte il piano per lo sviluppo della nuova infrastruttura.

La centralità perduta

Nel caso Parnasi, l’epilogo per i fornitori non è diverso da quello della Fiera di Roma: Capital Dev, la società di Unicredit in cui sono confluiti tutti gli asset di Parnasi con l’unica esclusione dell’area per il nuovo stadio di Roma, è concentrata sul far quadrare il bilancio. Poco si cura di chiudere le partite con i fornitori che rischiano di restare con il cerino in mano e che ancora sperano invano nella ripresa dello sviluppo immobiliare.

Purtroppo, a differenza di quanto accadeva in passato, le banche non sono disposte a fare grandi investimenti nel mattone. In più Roma ha perso la sua centralità finanziaria sin da quando, nel 2005, lasciò andare la Banca Nazionale del Lavoro.

Per la Capitale e per il Lazio intero, la Bnl era la banca del territorio. Basti pensare che, con il nome di Istituto Nazionale di Credito per la Cooperazione, fu il primo gruppo a fare credito all’agricoltura, alla pesca e poi anche al cinema. Dette supporto finanziario alla Fiat di Vittorio Valletta e sostenne i progetti di espansione dell’Eni di Enrico Mattei. Erano i tempi in cui la Bnl era pubblica. Poi arrivò la privatizzazione, gli scandali Cirio e i bond argentini. Infine giunse l’epilogo della tormentata svendita ai francesi della Bnp Paribas, dopo le avances degli spagnoli del Bilbao e le speculazioni dei furbetti del quartierino.

A Roma resta oggi solo la Banca di Credito Cooperativo che, tuttavia, non è paragonabile per dimensione a quello che era Capitalia o Bnl. Con il risultato che, per fare partire un nuovo progetto nella Capitale, bisogna ormai bussare alla porta degli istituti di credito milanesi.

Se non cercare una spalla direttamente a Parigi.

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