Roma, prospettive di business per l’impiantistica sportiva

Lo sport è anche un business. Al di là dello stadio, ci sono oltre 2.300 strutture che potrebbero consentire un rilancio dell’intero comparto. Ma serve una volontà politica forte

La pratica sportiva passa anche attraverso il business. In tempi di ristrettezze economiche, in cui le risorse comunali sono spesso insufficienti per far  fronte ai servizi essenziali per il cittadino, occorre un nuovo approccio per lo sviluppo e la migliore utilizzazione degli  impianti sportivi.

Al di là delle polemiche sul nuovo stadio della Roma e degli strascichi giudiziari che hanno accompagnato la realizzazione delle opere in occasione dei grandi eventi sportivi del passato, dalle Olimpiadi del 1960 fino ai mondiali di calcio del 1990 e di nuoto del 2006, Roma è in realtà ricca impianti sportivi, in troppi casi, però, in stato precario o male utilizzati.

Il CONI Lazio ha calcolato che a Roma ce ne sono ben 2.354, una cifra che rende l’idea di come la Capitale sia piena di strutture in cui praticare sport.

Tra queste troviamo 1032 impianti privati, 257 che fanno riferimento a enti religiosi, 48 Punti Verdi Qualità e 9 impianti regionali. Solamente 9 sono invece le strutture sportive universitarie che all’estero – soprattutto negli Stati Uniti – costituiscono l’ossatura del settore.

Sul fronte di Roma Capitale, sono stati censiti 163 impianti sportivi comunali, di cui 123 di competenza dipartimentale e 40 di competenza municipale. A questi si aggiungono circa 430 centri sportivi municipali (le palestre scolastiche). Tutte queste strutture comunali permettono di avvicinarsi allo sport a oltre 700mila potenziali atleti distribuiti sul territorio. La medaglia d’oro del municipio con più impianti totali va al VII, la circoscrizione che arriva da San Giovanni a Ciampino. Ultimo posto per il Municipio XIII, quello di Aurelio e Boccea.

 

Roma, la Capitale più verde d’Europa

A questi dati va aggiunta la considerazione dell’abbondanza a Roma di innumerevoli spazi verdi, che fanno primeggiare la città tra tutte le capitali europee. Parchi e aree naturali protette, come Villa Pamphili, Villa Ada, Villa Borghese, Parco Regionale dell’Appia Antica, vanno a integrare l’offerta pubblica per tutti coloro che intendano praticare sport all’aria aperta.

I numeri degli impianti comunali sono ufficiali, forniti direttamente all’Osservatorio sulla Capitale dalla Commissione Sport del Comune di Roma. Presieduta dal consigliere del M5S Angelo Diario, la commissione sta anche predisponendo un nuovo Regolamento per riclassificare gli impianti sportivi e riordinare una materia complessa, in passato trascurata e considerata di ‘serie B’.

 

Valorizzare e portare a reddito un patrimonio trascurato

Il lavoro nasce in sinergia con l’Assessorato alle Politiche Giovanili e Sport di Daniele Frongia e – oltre a far ordine nella materia – intende valorizzare e far fruttare economicamente un bene pubblico da troppo tempo trascurato.

Quali sono le prospettive di business degli impianti sportivi di Roma? Esistono modalità per farli fruttare senza rendere necessaria una vendita a privati della struttura?

Su questo fronte, le promesse e le dichiarazioni d’intenti lasciano spazio agli atti politici e ai testi depositati in Assemblea Capitolina. Troviamo, ad esempio, due mozioni firmate dal presidente della Commissione Sport Angelo Diario e da Teresa Zotta, omologa in Commissione Scuola. Perno della mozione è la volontà di dare impulso al ricorso al project financing, sia per gli impianti sportivi comunali che per le palestre scolastiche. Un sistema che permetterebbe di finanziare l’attività mediante risorse progettuali o capitali privati, recuperabili grazie ai soldi generati dallo stesso impianto una volta entrato in gestione.

Gli impianti in questione sono una galassia numerosa ed eterogenea che va dallo Stadio Flaminio fino a realtà municipali più piccole. Nel mezzo strutture come Capannelle, Palazzetto dello Sport, Bowling Brunswick: tutte grandi realtà sportive pronte per essere messe a reddito.

Sport ma non solo: questi grandi complessi sono a vocazione sportiva, ma possono essere utilizzati anche per altro. Una motivazione che ha spinto la commissione e l’assessorato ad escluderli dal regolamento per permettere – eventualmente – anche la presenza di attività commerciali al loro interno.

Interessante la soluzione adottata nel caso del Flaminio. Oltre al bando internazionale della Getty Foundation (l’esito è previsto a luglio), l’amministrazione ha attivato un canale parallelo su cui convogliare le idee e i progetti di realtà pubbliche e soggetti privati.

Sulle privatizzazioni l’amministrazione a Cinque Stelle ha le idee chiare. Come sui trasporti, con la volontà di tenere ATAC entro le maglie comunali, anche sul fronte dell’impiantistica il giudizio è netto: La cessione di strutture sportive a privati non è nei programmi dell’attuale amministrazione.

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