Stanno sparendo le botteghe storiche di Roma. Dal 1991 a oggi sono passate da 5 mila a meno di mille. A influire sul calo ci sono stati in principio il progressivo spopolamento del centro storico, combinato all’impennata degli affitti, poi le serrate della pandemia. E adesso, le poche imprese tradizionali che hanno resistito alla crisi, rischiano di chiudere i battenti per sempre a causa dei rincari attesi – a partire dall’autunno – su materie prime ed energia. Dall’impagliatore al pellettiere, dal fornaio all’erborista e all’orafo: un patrimonio di conoscenza che da sempre caratterizza la Capitale e ora è sull’orlo del fallimento. Secondo i dati forniti dalla Cna di Roma tra il 15 e il 20 per cento delle imprese del centro storico, non soltanto quelle storiche, non ce l’ha fatta a riaprire dopo la crisi determinata dal Covid.





Tebro è un’antica biancheria artigianale, operativa dal 1867 in via dei Prefetti. “Siamo un brand internazionale. La nostra azienda fornisce famiglie romane ma anche molte persone in tutto il mondo”, racconta Stefano Pizzolato, amministratore delegato di Tebro. “Mio padre ha trasferito a me e a mio fratello le competenze tecniche necessarie per andare avanti, in questi anni molti hanno chiuso perché non c’erano i figli a proseguire l’attività. In diversi casi è mancato il ricambio generazionale”, osserva Pizzolato. I prossimi rincari delle bollette preoccupano Tebro, ma non più di tanto: “Non siamo un’azienda energivora quindi l’incidenza degli aumenti ci impatta poco”, dice Pizzolato. Anche l’Antica Erboristeria, che dal 1752 è attiva in via di Torre Argentina, non è un’impresa che risentirà fortemente dell’incremento delle bollette, ma sta scontando la combinazione tra caro affitti e riduzione della clientela. Secondo la fitopreparatrice Roberta Donati “da un lato i canoni di locazione sono diventati altissimi, dall’altro paghiamo lo spopolamento del centro storico, che non è più abitato come prima”.
È passeggiando per le vie del centro, però, che ci si rende conto di quanto le botteghe storiche di Roma stiano facendo fatica ad andare avanti. L’Antico Caffè del Moro in via della Pelliccia a Trastevere apre solo nel pomeriggio. L’Antica Macelleria Annibale in via di Ripetta sta svolgendo lavori di manutenzione e sarà chiusa una quindicina di giorni. Resiste, in piazza del Popolo, all’incrocio con via del Babuino, la Boutique Borsalino, un tempo meta di dive del cinema. Altri, invece, da anni hanno chiuso i battenti. È il caso dello storico Alimentari Polica Carlo al Rione Monti. “Hanno chiuso quattro anni fa per decorso storico. Erano quattro fratelli, ma non c’è stato ricambio generazionale”, racconta la commessa di un negozio vicino. “Il locale è rimasto schiacciato dalla competizione dei grandi supermercati, dai servizi mordi e fuggi per i turisti e dai rincari del canone d’affitto”, aggiunge. Costi esorbitanti, che oggi riescono a corrispondere soltanto le cordate straniere. “Se un’attività chiude, e il locale rimane vuoto, apre un minimarket e o un negozietto cinese. Le attività straniere per i primi tre anni non pagano le tasse. Noi altri invece chiudiamo”, conclude la donna. All’Antico Caffè del Teatro Marcello, a pochi passi da piazza Campitelli, la proprietaria, Maria Stella Barberi, è in cassa e racconta: “Il bar lo ha aperto mio nonno, poi mio padre ha proseguito l’attività. Ora ci sono io. Gli affitti sono un problema grosso: ho sei persone che lavorano per me e alla fine del mese io non ho sconti da nessuno. Siamo preoccupati per questo inverno, speriamo di non dover chiudere”.
Le botteghe storiche, come tutte le attività del centro, “hanno subito in modo devastante gli effetti della pandemia: recentemente alcune, con una storia di oltre settant’anni alle spalle, hanno chiuso”, spiega Ilario Melis, responsabile delle imprese del Centro storico di Roma associate alla Cna. “Molte botteghe hanno sofferto tanto, in particolare gli orafi e l’artigianato artistico, durante la pandemia. Adesso che c’era un po’ di ripresa, con l’aumento dei flussi turistici, è arrivata la stangata dell’aumento delle materie prime”, aggiunge. Una spinta per il rilancio delle attività storiche, secondo Melis, dovrebbe arrivare da più parti: “Da un lato il governo dovrebbe prevedere dei sostegni a fondo perduto. Dall’altro lato, per favorire il ricambio generazionale, a Roma si dovrebbe accelerare sull’apertura del distretto dell’artigianato a Tor Di Nona”, sottolinea Melis. Il progetto capitolino, lanciato dall’ex sindaca Raggi, contempla un’area dedicata all’artigianato e in cui si fa anche formazione per i giovani.
“In questi mesi abbiamo riqualificato le strutture comunali destinate alle botteghe artigianali. Abbiamo convocato tutti i vincitori del bando e stiamo lavorando per dare un respiro più competitivo al progetto”, spiega l’assessora alle Attività produttive di Roma, Monica Lucarelli. In assessorato si ipotizza che già nei prossimi mesi si possano avviare le attività delle prime imprese vincitrici. “L’amministrazione crede nella forte vocazione artigianale della città e per questo stiamo lavorando per valorizzare e rilanciare il settore. Abbiamo in programma un incontro con le associazioni di categoria il 6 settembre e un ampio spazio sarà dedicato proprio al rilancio delle botteghe storiche: faremo la nostra parte ma saranno necessari anche interventi da parte del governo”, conclude Lucarelli.