Roma: Tar, ok nuovo Regolamento commercio Centro storico

Ma giudici ordinano modifiche su iscrizione a Camera commercio

Nessun ostacolo al nuovo Regolamento di Roma Capitale che disciplina l’esercizio delle attività commerciali e artigianali nel territorio del centro storico, ma occorre fare alcune modifiche. Così il Tar del Lazio in una sentenza pronunciata nell’ambito di un ricorso proposto da un laboratorio artigianale romano che contestava le limitazioni e le restrizioni inserite nella nuova normativa. Il Tar ha ritenuto senza fondamento il motivo di ricorso con il quale si contestava la parte del Regolamento che, occupandosi del consumo sul posto all’interno degli esercizi commerciali alimentari del centro storico, ha previsto che gli stessi debbano avere una specifica superficie interna, distinta da quella delle attività di vendita o di produzione, nonché una serie di prescrizioni relative agli arredi. Per i giudici, le limitazioni previste “non costituiscono violazioni delle norme sulle liberalizzazioni, né introducono vincoli privi di ragionevolezza alle attività economiche”. Cosa diversa in merito ai requisiti soggettivi previsti per l’apertura di attività simili a quelle già in essere (ed è questa una delle modifiche ordinate). Segnatamente al cosiddetto “requisito di iscrizione di almeno tre anni presso la CCIIAA”, per il Tar questa prescrizione “si risolve in un appesantimento delle condizioni soggettive già vigenti in termini di legittimazione all’apertura dell’esercizio commerciale che non trova giustificazione nelle finalità di tutela che la deliberazione ha espresso a fondamento dell’approvazione del regolamento e che si aggiunge, duplicandoli, ai già previsti oneri di legge e di regolamento”; lo specifico del Regolamento, quindi, “deve essere annullato nella parte in cui subordina l’apertura delle attività al possesso di ‘un’anzianità di iscrizione alla Camera di Commercio o all’albo delle imprese artigiane non inferiore a tre anni’ ed all’ esercizio ‘da almeno tre anni’ dell’attività”. Infondate sono state ritenute le censure riferite alle restrizioni imposte a tutela del decoro urbano, in quanto “si tratta di prescrizioni conformative tradizionali che orientano la qualità del servizio e degli esercizi che non incidono, anzi qualificano, le relative attività”.

E importante, infine, è la valutazione della parte del regolamento che vieta per tre anni nuove aperture di attività nel settore alimentare, ribadendo il divieto di cessione di attività esistenti. “Il divieto è posto a presidio del contenimento della ‘pressione antropica’ che costituisce un presupposto che le censure di parte ricorrente non riescono a mettere seriamente in discussione. Va comunque rilevato che, non venendo in rilievo nell’odierno giudizio la richiesta di apertura di nuovi esercizi, ma essendo la norma in questione impugnata in via generale dai ricorrenti il ricorso non sfugge ad un giudizio di genericità”.

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