Continua a salire il debito della sanità del Lazio – arrivato a toccare, nel primo trimestre, i 245 milioni di euro – e l’ipotesi del commissariamento si fa più vicina. Ne scrive oggi il Messaggero Roma, spiegando che la stima iniziale del debito, resa nota nei mesi scorsi in campagna elettorale, era inferiore e si fermava a 216 milioni di euro. Anzi, per mesi, un pezzo del dibattito politico si è centrato proprio sulle modalità di rientro di questo debito. Ora, però, con l’approssimarsi del tavolo tecnico fra Regione e Ministeri dell’Economia e della Sanità i conti sono stati riguardati, controllati e ricontrollati. E, alla fine, la cifra è più alta: 245 milioni invece che 216. Il disavanzo è cresciuto in un trimestre di una trentina di milioni . Il trend, se non si riuscirà ad arginare questa deriva, è che a fine anno si possa arrivare a 680 milioni di euro di debiti.
Giovedì prossimo, il 20 aprile, è prevista la riunione del tavolo tecnico con i ministeri, dove si concluderà e ufficiliazzerà l’ansassi sui conti. La riunione – spiega il quotidiano romano – è stata programmata già da mesi dopo l’incontro precedente avvenuto a novembre dello scorso anno. Alla base di questo sbilancio dei conti c’è la spesa sanitaria che, spiega l’assessore al Bilancio, Giancarlo Righini, “sconta anche il fatto che ci viene richiesto di accantonare le somme non utilizzate per la riduzione delle liste d’attesa” che non dovranno essere restituite, ma che non potranno essere usate per altri scopi che non siano la riduzione delle stesse liste d’attesa. Il Lazio era rimasto con la sanità commissariata per dodici anni e, nel luglio 2020, dopo reiterati annunci, il presidente Nicola Zingaretti aveva dichiarato l’uscita della Regione dai conti controllati dallo Stato.
Ora, però – conclude il Messaggero – con il peggioramento dei dati economici (dove ovviamente hanno un peso rilevante il Covid con tutte le spese necessarie a farvi fronte) dopo meno di tre anni la possibilità che il bilancio sanitario torni sotto il diretto controllo dello Stato centrale è tutt’altro che un’ipotesi remota.