Stadio della Roma, Berdini: “E’ una truffa”

L'ex assessore torna a parlare dopo un mese di silenzio. E dichiara di aver pagato per la sua libertà

Lorenzo D’Albergo per La Repubblica Roma

 

“Per la mia libertà ho pagato un prezzo inaudito”. Con queste parole Paolo Berdini, l’ex assessore all’Urbanistica della giunta Raggi, si è ripresentato per la prima volta in pubblico. Occasione dell’intervento, con tanto di sfogo finale, la presentazione del volume “Fuori Raccordo” curato dal collega Carlo Cellamare nella sala conferenze Anrp: “Le città non si fanno con affari come quello dello stadio della Roma. Neanche con i mercati generali dell’Ostiense. Mi è stato presentato un progetto inaccettabile, con tutti i pareri già dati. All’estero lo avrebbero stracciato”.

Le dimissioni, per tempi e modalità, bruciano ancora. Così il progetto di Tor di Valle per Berdini diventa “una truffa”. “Per me resta una bruciatura – ha spiegato l’urbanista – perché chi propone lo stadio è lo stesso che ha sbandierato la propria centralità alla Bufalotta (uno dei 18 agglomerati urbani previsti dal nuovo prg datato 2008, ndr) sbandierate come le perline con gli indios. Si parlava di 300mila metri quadrati per fare uffici. Poi è arrivato un commissario ad acta perché il Comune prima con Marino e poi con la gestione prefettizia non rispondeva. Così gli uffici sono diventate abitazioni. Ecco… mentre faccio quell’operazione alla Bufalotta, a Tor di Valle chiedo il cambio di destinazione d’uso da agricolo a non residenziale”. Quindi una domanda: “In quale altra città del mondo avviene questa truffa?”.

Questione senza risposta. Meglio, allora, ritornare sul passato tra le fila M5S: “Questa è stata la mia e prima ultima esperienza pubblica”. “Sono d’accordo – ha continuato Berdini riferendosi allo stato di salute di Roma – che la politica vada messa sul banco degli imputati. Peraltro ci ho lasciato le zampette… resta l’assoluta mancanza di cultura politica che ho trovato di fronte a me. Ma anche qualcosa di più profondo: lo Stato è muto nei confronti del destino della capitale e dei suoi giovani. Così siamo condannati ad andare a fondo”.

Infine due proposte per uscire dallo stallo: “Come si rimette in piedi questa città sbrindellata? Serve un sistema di trasporto su ferro più capillare. Mezzi nuovi e non inquinanti per permettere alle famiglie di vendere una delle due auto che hanno. Poi c’è una questione sociale: i nostri 200mila cervelli, gli studenti delle nostre università… per portare la Città della Scienza al Flaminio è bastato un comitato cocciuto. Occupa un ettaro e a Tor Vergata, Vela di Calatrava o meno, ce ne sono 300 pubblici e liberi. Perché non fare un’operazione di qualità? Non c’è l’ambizione di pensare che la città possa ancora diventare qualcosa di meraviglioso”.

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