Roma, strutture religiose: una zona grigia in espansione

Un arcipelago i cui confini non sono ancora conosciuti, in aumento del 5% anno su anno. Il problema di strutture esenti dal pagamento dell'Imu che hanno ben poco di religioso e che sono invece veri e propri b&b che sfruttano le pieghe normative per lucrare

Articolo uscito sul secondo numero della newsletter “Osservatorio sulla Capitale”

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Il complesso ed anomalo panorama della recettività a Roma non è determinato solamente dalla germinazione spontanea di affittalocali e B&B. La Capitale mondiale della cristianità si è infatti anche attrezzata nel tempo per accogliere il continuo flusso del turismo religioso attraverso un arcipelago di strutture disseminato tra Aurelia, via Casaletto e via Cassia, ma anche a San Giovanni, all’Ostiense e a Trastevere.

Le case d’ospitalità religiosa a Roma sono poco meno di 350 e accolgono circa il 30% della richiesta di posti letto della Capitale. Una vera potenza economica che, soprattutto a partire dal Giubileo del Duemila, è andata sempre più rafforzandosi, costituendo un’area grigia spesso oggetto di polemiche, specie sotto il profilo fiscale.

 

In aumento del cinque per cento l’anno

Da una decina di anni a questa parte il loro numero è cresciuto in media del 5% ogni anno, anche se questa tendenza è andata rallentando dal 2013 ad oggi. Gestite da congregazioni religiose, onlus o associazioni sono state una risposta al caro hotel che da vent’anni a questa parte ha investito la Capitale. Se infatti il fatturato medio di queste strutture è inferiore del 10%-15% a quello di un hotel a tre stelle, il tasso di occupazione è superiore all’80% contro il 74% sempre di un albergo a tre stelle.

Gli affari nel 2016 non sono andati a gonfie vele, eppure tutto sommato hanno tenuto. Questo settore ha risentito del calo degli arrivi nella Capitale legato soprattutto alla paura del terrorismo, ma comunque a fine anno ha fatto registrare un +2% rispetto a un anno prima. L’Anno della Misericordia voluto da Papa Francesco non è però stato quel volano che in molti si aspettavano, anche per effetto, ci dicono dal Vicariato di Roma, “dei servizi non sempre all’altezza delle attese nella Capitale”. Per cercare di incanalare l’offerta è nato anche un portale: www.ospitalitareligiosa.it.

“Circa il 40% di queste strutture – ci dicono – non ha scopo di lucro, fa un’attività di accoglienza per gruppi di religiosi o per parrocchie, dunque accontentandosi solo di un’offerta per coprire le spese. Queste realtà sono presenti nel territorio di Roma Comune, come in provincia”.

 

La discussa esenzione dall’IMU

Questo 40% non paga l’Imu, ciò che – secondo l’Anci – su Roma vale un mancato gettito stimato dai 40 ai 100 milioni di euro. Stime confermate anche dai Radicali di Marco Pannella, che hanno più volte accusato queste strutture di avere una “fiscalità opaca, con parte del personale che lavora in nero o in modo semi volontario, dunque senza contributi e versamenti di altro tipo”.

Va detto però che non risultano in merito rilievi particolari della Gfd e che i ricorsi in sede Ue sono stati respinti. “A Roma chi si serve delle nostre strutture ha a che fare principalmente con il
turismo religioso, dunque con le visite a San Pietro e a tutti quei luoghi legati alla Cristianità. Mentre nel resto d’Italia si tratta di un turismo più variegato, legato anche a viaggi di tipo culturale”, ci dicono ancora da Ospitalitareligiosa.it.

 

Un’offerta variegata

L’offerta è variegata . Ad esempio si va dalla dimessa Casa romana del Clero, a due passi da San Pietro, a cui possono accedere solo religiosi; alla Bonus Pastor, dietro le Mura Vaticane, con parcheggio privato e rifiniture di prima qualità . E ad offerta variegata corrispondono anche prezzi variegati, dunque da un minimo di 40 euro notte a persona a un massimo di 100 euro.

Un vero piccolo paradiso è poi la casa delle Suore Camaldolesi all’Aventino, vicinissima al Giardino degli Aranci: stanze tutte al piano terra, giardini, alberi da frutta, un orto. Insomma un’atmosfera bucolica nel centro della città eterna. “La carità rende le monache sollecite a comprendere le necessità spirituali degli ospiti e le fa anche attente a cogliere con umiltà e reciproca edificazione le istanze che la Chiesa e il mondo pongono alla consacrazione monastica”, è scritto sul sito.

E in effetti, le suore hanno anche una mensa per i poveri. Gli altri, con una sessantina di euro a notte se la cavano.

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