Una rivoluzione culturale per la ciclabilità romana (e non solo)

Le idee di Alberto Fiorillo (Legambiente) per svuotare le strade di auto e riempirle di biciclette

Dall’insediamento del Governo Conte la politica ha iniziato ad occuparsi di una categoria dimenticata dall’olimpo dei diritti: i riders, i fattorini che ad ogni ora del giorno portano cibo nelle case di una popolazione che è sempre più sedotta dall’idea del cibo che arriva sul divano piuttosto che da una bella cena fuori nel centro storico della propria città.

Ma la questione dei diritti – seppur fondamentale – non può mettere in ombra il tema che riguarda la sicurezza dei rider e di tutti quelli che si muovono con le due ruote.

E se sul fronte assicurativo spetta al singolo fattorino procurarsi, a sue spese, un’assicurazione per tutelarlo dai danni che potrebbe fare a un’auto, su quello stradale la vita dei ciclisti è messa costantemente a repentaglio da strade-groviera e dall’assenza di politiche serie sulla ciclabilità.

È interessante vedere come gli incidenti che riguardano le biciclette siano in controtendenza riguardo a quelli stradali in generale. Questi ultimi sono diminuiti di oltre il 14% tra il 2011 e il 2016, secondo quanto riferisce il Centro Studi Continental basandosi su dati Istat.

Gli incidenti stradali che hanno coinvolto le biciclette invece sono passati da 5.167 a 5.191. Un incremento minimo, ma pur sempre un aumento determinato anche dall’uso maggiore della bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano. Un utilizzo che suggerirebbe un ampliamento e un restyling della rete di ciclabili nelle grandi città.
A Roma la ciclabilità non se la passa bene, come ha dimostrato il caso internazionale del Giro d’Italia bloccato dalle buche capitoline.

Sono tante le associazioni di ciclisti che da anni denunciano il degrado delle ciclabili romane e il silenzio delle amministrazioni sul tema. Fausto Bonafaccia dell’Associazione Due Ruote d’Italia denuncia la situazione che si sta configurando sulle ciclabili del Lungotevere in vista dell’estate: strada bloccata da furgoni e stand, con buona pace della sicurezza di chi ci transita in bici. Bonafaccia mette in guardia anche sul degrado della ciclabile tra Ponte Milvio e Castel Giubileo e di Tor di Valle che sono ostaggio della vegetazione incolta.

Per non parlare di quella in Via della Moschea, dove il ciclista viene chiuso tra i parapedonali e la recinzione dell’area verde.
“Bisogna cambiare il punto di vista e fare in modo che all’idea originaria, spesso ottima, segua una progettualità all’altezza” racconta all’Osservatorio sulla Capitale-Radiocolonna Alberto Fiorillo, responsabile Aree Urbane di Legambiente.

Un esempio? La ciclabile di Nomentana, il cui progetto è stato valorizzato e finanziato dall’amministrazione ma all’atto pratico è stata fatta là dove c’era spazio, senza prendere quello necessario. Con una settantina di interruzioni (semafori etc.) che rendono difficoltoso il tragitto.

Il cambio di prospettiva spiegato da Fiorillo è proprio questo: non relegare gli interventi sulla ciclabilità ai margini ma considerarle infrastrutture di Serie A, come ribadito alla dalla Bicipolitana di Pesaro che farà della città marchigiana una delle mete più bike friendly d’Italia.

Tra il 2008 e il 2015 sono stati costruiti 1400 km di ciclabili, una cifra importante che però non è seguita a un vero incremento dei ciclisti su strada – conclude Fiorillo – questo perché non basta realizzarle ma serve farle con criterio e in totale sicurezza.”

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