Zingaretti, dal caso Roma al Mes: uno slalom speciale

Il segretario del Pd e il Presidente della Regione alle prese con un crescendo di problemi

 

La politica, nonostante il periodo agostano e la chiusura estiva delle Camere, non e’ andata in vacanza.

Troppi i problemi sul tappeto per potersi permettere qualche giorno di ferie. E vacanze non se le e’ potute permettere soprattutto il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che e’ anche presidente della Regione Lazio. Infatti, il primo dirigente del Partito Democratico sta affrontando vari problemi, sia nazionali che regionali. E alcuni di questi sono delle vere e proprie grane.

Nella sua veste di “governatore” il leader della sinistra sta seguendo con apprensione l’evolversi della situazione sanitaria in relazione ai rientri dalle vacanze di tanti cittadini – e dalla Sardegna e da mete estere – che hanno portato il Lazio nelle prime posizioni della triste classifica della diffusione del coronavirus.

E tutto ciò mentre si avvicina sempre di più l’apertura del nuovo anno scolastico, vista con molta apprensione da parte di tutti.

Non bastassero i problemi del Lazio, Zingaretti deve risolvere molte rogne a livello nazionale (e la scelta per le prossime elezioni comunali di Roma e’ a tutti gli effetti una questione che va oltre i confini della città), a partire dal voto del 24 settembre (referendum sul taglio dei parlamentari e rinnovo di sette consigli regionali (Valle d’Aosta, Veneto, Liguria, Marche, Toscana, Campania e Puglia) per arrivare alla questione Mes ed al piano di interventi che il governo deve inviare a Bruxelles entro il 15 ottobre per poter usufruire dei miliardi di euro (oltre 200) del Recovery Fund destinati all’Italia.

CASO ROMA – La ricandidatura a sindaco di Virginia Raggi (nella Capitale si dovrebbe votare il prossimo mese di aprile) ha creato non pochi problemi. E le parole di Luigi Di Maio che ha aperto, in base alla consultazione sulla piattaforma Rousseau, ad alleanze con il Pd nelle grandi città interessate dalle amministrative del 2021 (oltre Roma, Torino, Milano, Bologna, Napoli), sottolineando pero’ che la Raggi e Chiara Appendino hanno ben governato e quindi meriterebbero una riconferma, hanno complicato il rebus delle alleanze (gia’ saltate nelle regioni, ad eccezione della Liguria).

Zingaretti e larga parte del Pd hanno alzato subito le barricate sul nome del sindaco e sara’ interessante seguire gli sviluppi della situazione.

REFERENDUM ED ELEZIONI REGIONALI – Per il segretario dem sono due grane non indifferenti. Sul taglio dei parlamentari il suo partito e’ spaccato anche perche’ e’ venuta meno una parte dell’accordo con i cinquestelle. Il si’ del Pd era infatti legato all’approvazione di una nuova legge elettorale ed alla riforma dei regolamenti parlamentari.

Cosa non avvenuta, il che ha fatto montare la protesta di larghi settori della sinistra e Zingaretti deve barcamenarsi tra il si’ ed il no chiedendo che la nuova legge elettorale venga approvata prima del 24 settembre almeno da un ramo del Parlamento.

Quanto alle regionali, il Pd corre il rischio di perdere la Puglia e le Marche mentre la Toscana, tradizionale “regione rossa”, e’ in bilico. Solo la Campania sembra non dover cambiare bandiera, ma il “governatore” Vincenzo De Luca da tempo ha posizioni, diciamo “eretiche”, rispetto al Pd nazionale.

Così per evitare una sconfitta che potrebbe avere conseguenze anche sul governo e sulla segreteria del Pd, Zingaretti ha fatto e fa appello al voto disgiunto dei cinquestelle. Si vedrà ad urne aperte se questo invito sara’ stato raccolto.

MES E RECOVERY FUND – Ultime, ma solo per ragioni di esposizione, c’è il garbuglio del Mes e del piano per accedere ai miliardi del Recovery Fund.

Sul primo le posizioni tra Pd e Cinquestelle sono divergenti. Finora il problema e’ stato accantonato, ma non lo potra’ essere a lungo. Quanto al piano, siamo quasi arrivati a settembre ma ancora non se ne hanno notizie.

A Palazzo Chigi dicono che si sta lavorando alacremente per la sua definizione, ma Zingaretti e’ preoccupato. Molto preoccupato, anche perchè all’interno del Pd sono in molti a pensare che Giuseppe Conte non sia in grado di affrontare la fase della ricostruzione del Paese.

Mentre in panchina siede un signore che si chiama Mario Draghi.

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