49 anni fa un geologo australiano sfregiava la Pietà di Michelangelo a San Pietro

A maggio del 1972, avvenne uno degli episodi di vandalismo più noti del Novecento

È una storia che gli under 50 difficilmente ricorderanno con la propria memoria quella accaduta quasi cinquant’anni nella Basilica di San Pietro, a Roma.

Ci troviamo precisamente a 49 anni fa. Il 21 maggio 1972, verso le 11,30 del mattino, un geologo australiano di origini ungheresi entra nella basilica romana di San Pietro. Il suo nome è László Tóth, nato in ungheria ma naturalizzato australiano, con una laurea in geologia tuttavia non riconosciuta nel paese del Commonwealth. Un rifiuto che lo costringe a fare lavori di altro genere, soprattutto in fabbrica. Nel 1971 László arriva a Roma, alloggiando dapprima nell’ostello della gioventù al Foro Italico, poi presso un dormitorio delle suore spagnole sulla Gianicolense. Nell’estate di quell’anno, si presenta al Vaticano chiedendo di essere ricevuto da papa Paolo VI, in quanto l’ungherese sostiene di essere Gesù Cristo. Bloccato dalla gendarmeria vaticana, il geologo riceve un foglio di via che lo costringe a tornare in Australia in quanto persona non desiderata. Alcune ricostruzione giornalistiche sveleranno in seguito che, in realtà, László Tóth non era mai stato allontanato dal suolo italiano, il che motiva come sia stato possibile il folle gesto del 1972. Ma torniamo a quella mattinata. Entrato nella basilica, László – abbigliato con un pesante impermeabile blu – scavalca la balaustra che separa il pubblico dalla Pietà, si toglie la giacca per avere una maggiore libertà di movimento e inizia a colpire il capolavoro di Michelangelo con un martello da geologo. Il vandalo si accanisce soprattutto contro la rappresentazione della Madonna, colpendone il volto e le braccia, ma lasciando integra la figura del Cristo. Bloccato dai sorveglianti e da un folla inferocita che tenta di linciarlo, il geologo urla “Cristo è risorto! Io sono il Cristo!”. L’episodio fa scalpore e comprensibilmente fa il giro del mondo. Antonio Maria Montini – Paolo VI – lo interpreta come un segno del Male, un “ fumo di Satana è entrato nelle sale dei sacri palazzi”.

Il restauro inizia immediatamente e sarebbe durato circa nove mesi, reso più complicato dalla sparizione misteriosa di alcuni frammenti dell’opera. Si scoprirà in seguito che erano stati prelevati da cittadino americano in vacanza in Italia quel giorno e che aveva prelevati come souvenir e “ricordo” dell’evento.

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