A Roma scuole al via, ma in cento devono condividere il preside

E’ il caso delle reggenze, il Mef non fa concorsi e così risparmia

Un preside per due scuole. Sembra il titolo di un film ma è la realtà di un centinaio di istituti di Roma e provincia. In questi, il preside è un “reggente” e si deve dividere tra questa scuola e l’altra di cui invece è titolare. Il motivo? La mancanza di soldi.

 

Oltre a Roma provincia, ci sono altri 12 casi a Frosinone, 20 a Latina, 9 a Rieti e 5 a Viterbo. Ne consegue che, in alcuni casi, un preside sia costretto, soprattutto a Roma, a gestire anche un bacino di 1500 ragazzi, che vanno dai 6 ai 13 anni, in 10-12 plessi. Molte volte poi, per garantire un minimo di funzionalità, il preside affida in modo informale la dirigenza della scuola affidatagli a un suo vice, ma è chiaro che poi per ogni decisione legalmente vincolante, per i consigli d’istituto serve la sua presenza. Insomma, già è difficile gestire una scuola, figuriamoci due.

 

Il ministero dell’Economia non fa più concorsi – dice Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Presidi – E allora ecco che gli ufficio scolastici chiedono ai  dirigenti di assumere la reggenza”. Un preside guadagna circa 60 mila euro l’anno, per la reggenza ne prende 9 mila  sempre annui. E’ chiaro che lo Stato grazie a questa situazione risparmia non poco. La soluzione, soprattutto in provincia, sarebbe accorpare gli istituiti più piccoli, sotto i 600 alunni, ma spesso gli enti locali fanno resistenza.

 

A inizio settembre, la commissione scuola della Regione Lazio ha approvato la programmazione della rete scolastica. La Pisana ha deciso che “per acquisire o mantenere l’autonomia, le istituzioni scolastiche devono avere un numero di alunni – consolidato e stabile per almeno un quinquennio – compreso tra 600 e 1200 (con una media di 900). Deroghe sono previste per gli istituti delle Isole Pontine e dei comuni montani, oltre che per quelli che si trovano in territori particolarmente isolati e disagiati o che hanno subito eventi calamitosi a edifici, laboratori o altri beni strumentali”. Tutto sta ad evitare che ora i comuni laziali non ci mettano lo zampino durante il percorso della legge in aula. (Alg)

 

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