Il consumo idrico è da primato europeo, ma nel rubinetto di casa arriva appena la metà del prelievo nazionale di acqua ad uso potabile. Il report dell’Istat, pubblicato in occasione della ‘Giornata mondiale dell’acqua’ fornisce una fotografia dei consumi con luci e ombre lungo tutta la Penisola. L’Italia, con 428 litri per abitante al giorno, è prima nell’Ue per prelievo di acqua per uso potabile, ma l’erogazione giornaliera per uso potabile è di fatto quantificabile in 220 litri per abitante, a causa della dispersioni di rete.
Poco meno della metà del volume di acqua prelevata alla fonte (47,9%) non raggiunge infatti gli utenti finali. Il volume di acqua complessivamente prelevato per uso potabile dalle fonti di approvvigionamento in Italia è di 9,49 miliardi di metri cubi nel 2015, pari ad un volume giornaliero pro capite di 428 litri, il più alto nell’Unione europea, sottolinea ancora l’Istituto di statistica. Nel 2018, precisa il report Istat, sono circa 24 milioni 800 mila (95,8% del totale) le famiglie che dichiarano di essere allacciate alla rete idrica comunale. E si dichiarano “molto o abbastanza soddisfatte” del servizio idrico più di 8 famiglie su dieci.
Ciononostante le famiglie che non si fidano di bere l’acqua di rubinetto rappresentano una quota considerevole, nonostante il grado di fiducia mostri un miglioramento progressivo ma altalenante. La percentuale passa dal 40,1% del 2002 al 29,0% del 2018, per un numero complessivo di famiglie pari a 7 milioni 500mila. Si passa dal 17,8% del Nord-Est al 52,0% delle Isole, con la percentuale più elevata in Sicilia (53,3%), seguita da Sardegna (48,5%) e Calabria (45,2%). Nel 2017 per le famiglie la spesa media mensile per il consumo di acqua minerale è pari a 11,94 euro, in aumento dell’11,1% rispetto al 2016. Sono il 63% le famiglie in cui almeno un componente beve quotidianamente oltre un litro di acqua minerale. Il consumo più elevato si registra nelle Isole (69,0%), quello più basso al Sud (55,8%). Tra le regioni è l’Umbria in testa per consumi (71,0%), mentre in Trentino-Alto Adige si registra il valore più basso (43,7%).