Ama e Atac, i romani contribuiscono al disastro

I mezzi dell'Ama distrutti; i rifiuti che invadono le strade della Capitale; i biglietti di Ama in calo: serve un profondo cambiamento culturale

Mezzo Ama danneggiato

Roma è invasa dai rifiuti. La politica deve salvare la Capitale. E’ tutta colpa di Ama, anzi no del Pd, di Alemanno, della Raggi, di Carminati, di Buzzi, di Mafia Capitale, della massoneria. Ben vengano magliette gialle renziane o altre iniziative sporadiche per ripulire la città. Ma se invece fosse colpa dei romani? Se l’inciviltà che ormai permea le azioni di tanti (troppi) cittadini dell’urbe fosse il vero cancro che impedisce alla città di risorgere? Perché se i mezzi a disposizione dell’Ama vengono danneggiati, la colpa sarà ancora una volta della politica? Ovviamente no. Sarà sicuramente colpa di qualche imbecille che, convinto di fare una bravata, contribuisce in modo decisivo al dissesto della sua città. Ne vale la pena? Ovviamente no.

Ma non ci sono soltanto i gesti eclatanti a rendere la questione dei rifiuti particolarmente allarmante. Prendiamo la differenziata. Anche in questo caso, sicuramente, ci saranno colpe gravi dell’azienda di gestione rifiuti e della politica. Ma perché una città evoluta deve avere una raccolta differenziata al 44%, quando Milano viaggia verso il 60% e l’Italia si aggira intorno al 50%? E’ una questione di pigrizia mentale, perché separare la carta dalla plastica non deve essere quel che si dice uno sforzo titanico.

 

Ancora: che senso ha il famigerato lancio del sacchetto dalla macchina in corsa, specialmente sulle grandi arterie? E l’abbandono delle lavatrici e degli altri rifiuti ingombranti quando le aree ecologiche a Roma ci sono, sono aperte per molte ore al giorno (compreso il weekend) e funzionano piuttosto bene? E’ evidente che la carenza di cultura e di rispetto per la città siano il primo male che taglia le gambe alle aziende partecipate.

 

D’altronde, se Ama piange Atac non ride di certo. E anche in questo caso le colpe non possono essere unicamente dell’azienda. Vero, l’ennesimo bus in fiamme non è esattamente uno spot sull’affidabilità della flotta, ma se poi i biglietti calano (e non perché meno persone prendano i mezzi pubblici, ma solo perché i “portoghesi” sono sempre di più), Atac ha le mani legate. I piani aziendali parlavano di un incremento di tagliandi nell’ordine di 1,5 milioni nel primo trimestre. L’amara sorpresa è che invece sono calati di oltre 700.000 unità. Le chiacchiere, come si dice, stanno a zero: un profondo cambiamento culturale dei romani è l’ingrediente basilare per vedere modificarsi la situazione. Altrimenti, inutile lamentarsi.

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