In attesa del voto di ballottaggio che si terrà il prossimo 25 giugno (interessati alla nuova consultazione 22 comuni capoluoghi) i partiti ed i politologi stanno analizzando i risultati di domenica scorsa anche in un’ottica nazionale (le elezioni politiche dovrebbero tenersi nei primi mesi del 2018).
Un dato di fatto incontrovertibile è che il M5S ha subito una battuta d’arresto nella sua crescita che fino a qualche giorno fa sembrava inarrestabile. Certamente i grillini affrontavano questa battaglia elettorale nelle condizioni più difficili. In primo luogo non erano presenti con proprie liste in tutti i comuni interessati al voto; inoltre, quella che è la loro forza in una consultazione politica (ovvero essere considerati un movimento antisistema, contro centrosinistra e centrodestra rappresentanti agli occhi di molti “il vecchio” ed un mondo “corrotto” che finge di litigare ma che stringe accordi sottobanco), in una consultazione amministrativa diventa una debolezza perché il Movimento non può contare sul sostegno di liste civiche, sugli apparentamenti e quindi su un maggior numero di candidati consiglieri, il che significa avere più voti tra parenti ed amici degli stessi. Detto questo, però, la sconfitta è evidente ed è stata riconosciuta dagli stessi grillini che, sull’onda dei risultati conseguiti lo scorso anno con la conquista di Roma e Torino, pensavano di andare meglio. Invece, si devono accontentare di andare al ballottaggio solo in 8 comuni sui 140 interessati al voto di domenica 25 giugno.
Quanto al centrodestra ed al centrosinistra, entrambi gli schieramenti tirano un sospiro di sollievo perché l’onda d’urto del M5S non c’è stata. A manifestare molta soddisfazione sono soprattutto Fi, Lega Nord e Fratelli d’Italia-An. La coalizione di Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, dopo aver riconfermato il sindaco a Frosinone, andrà al ballottaggio con buone speranze in 13 Comuni capoluoghi (su 22) dove al primo turno è risultata avanti agli avversari nel risultato (si tratta di Genova, La Spezia, Asti, Como, Verona, Padova, Gorizia, Piacenza, Rieti, Lecce, Taranto, Catanzaro e Oristano). Prima del voto, quasi nessuno negli ambienti del centrodestra sperava in una affermazione del genere considerata la “maretta” che interessa soprattutto i rapporti tra Fi e Lega Nord. Se il centrodestra conquisterà Genova, da sempre feudo della sinistra e patria di Beppe Grillo, sarà senza dubbio un grande risultato e spingerà ad applicare a livello nazionale il “metodo Toti” che ha già ben funzionato lo scorso anno con la vittoria nelle elezioni regionali della Liguria.
Il centrosinistra, a sua volta, può gioire perché ha tenuto in un contesto difficile dopo la sconfitta referendaria e la scissione nel Pd (Bersani, D’Alema, Speranza). Certo non si può parlare di successo, ma i conti – dicono al Nazareno – si devono fare dopo i ballottaggi.
Gli occhi sono puntati soprattutto su Genova, dove la battaglia con il centrodestra sarà molto dura alla luce anche della grave crisi occupazionale che interessa il capoluogo ligure colpendo in particolare la classe operaia ed il ceto medio, tradizionali fasce di riferimento dell’elettorato di sinistra.
Comunque, dal voto di domenica, si può trarre questa considerazione: le coalizioni svolgono ancora un ruolo importante e forse questo dato sarà preso in considerazione nell’esame in commissione (se ci sarà) della nuova legge elettorale. C’è poi da sottolineare che, nel prossimo voto politico, il gioco sarà a tre: Centrosinistra. Centrodestra e M5S. E chi più chi meno, e i cinquestelle molto di più, avranno a che fare con l‘astensionismo che in queste elezioni ha raggiunto il record.