Analisi: Zingaretti-Regione, la guida diventa difficile 

Il governatore dovrà destreggiarsi per mantenere la collaborazione con i Cinquestelle e gli attacchi al governo come segretario PD, partito all'opposizione

Il presidente della Regione Lazio e segretario del Pd Nicola Zingaretti

Il neo-eletto segretario del Pd, Nicola Zingaretti, anche subito dopo la conferma della sua schiacciante vittoria nelle primarie, ha dichiarato che il nuovo incarico che sta per rivestire (la conferma arriverà dall’assemblea nazionale del partito il prossimo 17 marzo) non gli impedirà di continuare a governare la Regione Lazio. Anzi, ha aggiunto che il suo ruolo di presidente lo aiuterà non poco nello svolgere la leadership del Partito Democratico.

Al di la’ delle intenzioni manifestate, Zingaretti dovra’ faticare non poco per mantenere a lungo il doppio incarico.  In primo luogo c’è la rilevanza dell’essere segretario della maggiore forza di sinistra italiana (il M5S esula dai consueti schemi destra-sinistra in quanto movimento che raccoglie consensi in entrambi i campi in nome di una rivoluzione culturale e sociale contro il “vecchio” sistema dei partiti) che lo porterà inevitabilmente a girare per tutta la Penisola e le isole per rivitalizzare il Pd dopo la dura sconfitta nelle elezioni politiche del 4 marzo 2018 e la perdita del governo di varie regioni (prima la Sicilia, poi, a pioggia, il Friuli Venezia Giulia, l’Abruzzo, la Sardegna, la provincia autonoma di Trento. Ed una nuova sconfitta è prevista, a meno di grosse sorprese, nelle elezioni della regione Basilicata in programma il prossimo 24 marzo).

Un compito da far tremare i polsi a chiunque. Come riuscirà Zingaretti a compiere continuamente “giri d’Italia” e nel contempo governare la Regione Lazio che ha tanti difficili problemi da risolvere e che richiedono un’attenzione costante? Difficile. Molto difficile, anche se non impossibile per un uomo come il fratello del “Commissario Montalbano”.

Altro scoglio che rende molto duro mantenere i due incarichi a lungo è più strettamente politico. Come è noto, Zingaretti dalle urne non ha avuto una maggioranza in seno al Consiglio regionale (il voto aveva dato 26 eletti alle opposizioni e 25 alle forze che lo sostenevano). Con bravura e grazie anche a defezioni nel centrodestra ed un accordo sottotraccia con il M5S, guidato alla Pisana da Roberta Lombardi, il “governatore” è riuscito ad andare avanti ed a evitare trappole pericolose, schivando anche una mozione di sfiducia. Ma ora Zingaretti dovrebbe diventare un “Giano Bifronte” nei suoi rapporti con i cinquestelle: mostrare la faccia feroce a livello nazionale contro il governo gialloverde e Luigi Di Maio ed esibire invece un volto conciliante nei confronti dei pentastellati e la Lombardi.

Difficile che i grillini possano accettare questa duplice veste di Zingaretti e già la loro capogruppo in regione, la Lombardi, ha messo in guardia il nuovo segretario del Pd: non può pensare che attaccando a livello nazionale il Movimento possa continuare a contare su una opposizione collaborativa alla Pisana. Ma e’ chiaro che, se Zingaretti vuole rilanciare il suo partito, deve necessariamente criticare le politiche del governo ed i molti “no” che il M5S oppone alla realizzazione delle “grandi opere” (e già lo ha fatto recandosi a Torino e schierandosi pesantemente per il compimento della Tav Torino-Lione).
Inevitabilmente, quindi, la leadership del Pd assunta da Zingaretti avrà pesanti effetti in Regione. Ed il “governatore” avra’ molte gatte da pelare e dovrà faticare non poco per restare in sella.

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