Erica Dellapasqua per Il Corriere della Sera Roma
È finito sfiduciato il presidente del Dopolavoro, Maurizio Scalise, che al consiglio d’amministrazione «straordinario» convocato ieri mattina si era presentato con un ordine del giorno drastico: revisione o risoluzione dell’accordo sulle mense per eccessiva onerosità; riduzione dei compensi di tutti i membri del Consiglio d’amministrazione di almeno il 20 per cento; delibera di procura a vendere il patrimonio immobiliare associativo; licenziamenti collettivi del personale della mensa; eventuale messa in liquidazione dell’associazione.
In una sola parola: caos al Dopolavoro, che appunto dopo il taglio dei supercontributi deliberato dall’ex direttore Marco Rettighieri non riesce più a chiudere i conti. Durante l’ultimo presidio del 18 gennaio davanti alla sede di via Prenestina i lavoratori denunciavano «lo sciopero a causa del mancato pagamento delle retribuzioni arretrate (dicembre e tredicesima) e dell’incertezza occupazionale dei lavoratori del servizio mensa derivante dal nuovo bando di gara». Non sarebbero ancora entrati, raccontano i soci, i soldi degli accordi di dicembre (in particolare il milione pattuito per saldare le spese arretrate) che avrebbero permesso di garantire una certa tranquillità nel periodo di interregno tra la gestione delle mense in capo al Dopolavoro e l’affidamento tramite gara al nuovo soggetto.
Indiscrezioni vedrebbero come decisivo l’intervento della Guardia di Finanza, che nell’ambito delle indagini già avviate anche su delega della Procura avrebbe «suggerito» un approccio molto più prudente ai vertici di via Prenestina partendo da due considerazioni già all’attenzione dei magistrati: il fatto che, sul piano legale, possa essere ritenuta dubbia la proroga dell’affidamento diretto allo stesso soggetto che per decenni ha gestito il servizio in via esclusiva senza un contratto vero e proprio e, non meno importante, la forma giuridica dell’associazione, che determinerebbe delle differenze anche per quanto riguarda il pagamento dell’Iva.
Insomma, i fronti aperti sono parecchi ma il comune denominatore resta: pochissima liquidità a disposizione. Per questo il presidente aveva stilato un ordine del giorno decisivo, che avrebbe segnato un definitivo cambio di rotta rispetto al passato mettendo anzi in dubbio lo stesso futuro dell’associazione. Scalise, invece, è stato sfiduciato. Niente cura dimagrante, almeno per ora. Si nominerà, a breve, il sostituto.