Atac: Micheli (dg), non è il campo di calcio della politica

Il direttore generale: il bigliettaio non basta, serve rivedere le tariffe

«L’Atac? La politica l’ha trattata come un campo di calcio. Chi gioca oggi? E non importa se il campo si rovina…». E’ molto determinato Francesco Micheli, 69 anni, da tre mesi direttore generale della municipalizzata dei trasporti, che in un’intervista al Corriere della Sera spiega il suo obiettivo: sgomberare quel campo. Sottolineando di non essere di alcun partito, Micheli afferma che è ora di finire “col tiro al piccione. I nostri problemi sono fuori da qua”. Ovvero, secondo il dg, la mancanza di un piano di investimenti “perché il flusso di denaro, dallo Stato al Comune, passando per la Regione, a volte negli ultimi anni si è interrotto”. “Dal punto di vista industriale, pur tra mille inefficienze, il processo gira. E il margine operativo migliora: nel 2014 è stato positivo per quasi cento milioni. Già quest’anno avremmo potuto chiudere in pareggio”, continua. E alla domanda sul perché del «licenziamento» del Cda da parte del sindaco, Micheli ha risposto: “la sovraesposizione mediatica non solo non ci aiuta, ma ci fa del male. Il Cda è ancora in carica e approverà il bilancio”. Riguardo poi alle denunce dell’autista Cristian Rosso, Micheli ha dichiarato: “ha un po’ esagerato. È vero che sui ricambi ci sono dei problemi: i pezzi arrivano col contagocce, non c’è un flusso ordinato. Ma che ci sia cannibalismo, che con un autobus rotto ne aggiustiamo altri, è una balla”. Parlando poi delle tariffe dei ticket, il dg ha spiegato come se non verrà fatto qualcosa “il bilancio soffrirà sempre. Un biglietto dovrebbe costare due euro, ma in questo momento ci vergogniamo ad aumentarli. Abbiamo chiesto alla Regione di rivedere il prezzo degli abbonamenti, ci è stato risposto di no. A Milano si pagano cento euro in più”. (gc)

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