Il 3 giugno di romani potranno prendere posizione sui quesiti per la messa a gara del servizio di trasporto pubblico della Capitale. Un referendum consultivo che vede contrapposti i paladini della liberalizzazione, guidati dai Radicali Italiani di Riccardo Magi e coloro che sono convinti che il servizio debba restare pubblico. Un fronte eterogeneo che coinvolge un gruppo trasversale di cittadini che comprende anche Mejo de NO, un comitato – molto giovane – in grado di spiegare con puntualità i problemi di un’eventuale liberalizzazione del trasporto romano.
Nei giorni scorsi Radiocolonna ha raccontato le loro posizioni e spiegato i contenuti della loro proposta. Questa volta ha deciso di incalzarli su temi più politici e mediatici. Ci ha risposto Riccardo Pagano, giovane esperto di trasporti e tra i protagonisti della nascita e dello sviluppo di Mejo de NO.
Mancano due mesi alle elezioni, come mai il comitato è nato così tardi?
Il comitato è nato adesso perché la campagna nazionale per le politiche del 4 marzo avrebbe senz’altro inquinato il dibattito e tolto visibilità alla cosa. Così appena abbiamo potuto, noi, dal mondo dell’associazionismo, dei blog romani, dei comitati di quartiere e di categoria, e perché no anche dei sindacati e dei partiti, abbiamo deciso di lanciare questo sasso, per indurre tutte le realtà romane a prendere parte ad una battaglia di civiltà, allo scopo di combattere una liberalizzazione puramente ideologica, che non tiene conto delle particolarità del caso romano, derivanti da un’infrastruttura insufficiente costretta a trasportare più di un miliardo di passeggeri annui.
Il sito è ben fatto ma è molto tecnico. Non c’è il rischio che, in questo modo, rimanga una discussione per addetti ai lavori che non viene compresa appieno dalla cittadinanza?
Non è tecnico il sito, dobbiamo smettere di pensare che spiegare le cose sia una questione tecnica, anche perché noi siamo contrari ad un approccio ideologico ad un tema così complesso, far comprendere ai cittadini le nostre ragioni è proprio la sfida che abbiamo davanti. Visto anche che, quando si chiamano a decidere i cittadini, questi vogliono essere informati e comprendere, come ha dimostrato la grande partecipazione all’assemblea pubblica del 3 Aprile. Noi spieghiamo le ragioni del No e le mettiamo davanti a tutto il resto perché pensiamo siano giuste nei fatti. Ma prima di tutto queste ragioni le abbiamo identificate ed abbiamo capito quali sono le cause che portano al disservizio. I promotori del sì pensano che basti insultare ATAC per produrre una risposta credibile, in realtà fanno solo demagogia, rifacendosi a fantomatici principi universali di concorrenza che poco si confanno alla realtà diseconomica dell’infrastruttura romana. Insomma, per riprendere uno dei principi basilari che coinvolgono il mercato del TPL, chi propone soluzioni generali per il settore o è in malafede o è nel torto, per questo la nostra relazione è concentrata nello specifico sulla realtà infrastrutturale romana. E per veicolare questo messaggio, oltre ad una giustificazione tecnica che superi la politica delle chiacchiere, stiamo provvedendo ad elaborare delle sintesi divulgative per aprire il più possibile anche a chi ha più difficoltà nel districarsi in un tema così complesso come il Trasporto Pubblico Locale. Comunque sia il nostro scopo a spiegare a chiunque, e nel modo in cui preferisce, le nostre ragioni.
Come si fa a spiegare le ragioni del ‘no’ al referendum senza rischiare di apparire come coloro che difendono lo status quo e le dinamiche poco virtuose che hanno portato all’attuale situazione di ATAC e del trasporto pubblico romano?
Ma chi difende lo status quo non siamo noi. Chi difende lo status quo è chi parteggia per la liberalizzazione, chi vuole cambiare tutto perché nulla cambi. Perché con questa infrastruttura cambiare gestore non produrrebbe alcun risultato, ed anzi, la liberalizzazione aggraverebbe un sistema già precario introducendo una logica di profitto che non sta in piedi. A meno che i liberalizzatori non vogliano tagliare il servizio, ma a quel punto dovrebbero spiegarlo ai romani. Per quel che riguarda le dinamiche poco virtuose di ATAC è chiaro che così non si può andare avanti, ma è altrettanto chiaro che la condizione che implica la nascita degli sprechi è proprio l’infrastruttura inefficace che, nell’ambito della sua strutturale diseconomia, permette a chi vuole parassitare il servizio pubblico di nascondersi fra le perdite. Insomma, chi vuole veramente cambiare qualcosa è chi vuole, come noi, investire sull’infrastruttura. Il resto sono chiacchiere.
Questo comitato per il ‘no’, di fatto, è portato avanti dai militanti del Partito Democratico. Qualche mese fa il candidato sindaco del PD Roberto Giachetti dichiarava: “Noi i referendum continuiamo a promuoverli, a sostenerli. Perché sono strumenti di democrazia irrinunciabili, che consentono ai cittadini di esprimersi. (..) Voglio ringraziare i radicali per aver promosso questa importante iniziativa e ringraziare tutti coloro, anche del Pd, che si sono mobilitati per raccogliere le firme.” Come fa un romano o un elettore PD a non rimanere spiazzato di fronte a queste due posizioni? Come si fa a riconquistare il voto di utenti e lavoratori del trasporto pubblico se la linea non è univoca?
La posta in gioco in questa battaglia è la salvezza del trasporto pubblico locale, e non di quello, questo o quell’altro partito. Il nostro obiettivo è vincere e non a caso parliamo di un comitato di sinistra che raccolga chiunque sia convinto che le nostre ragioni di fatto vadano ben oltre le divisioni partitiche ed i posizionamenti, che per troppo tempo hanno diviso e reso debole un certo modo di vedere le cose e il mondo. È indubbio che nel nostro messaggio ci sia una forte critica al sistema e ad alcune posizioni antipopolari che la sinistra ha assurdamente assunto, e che hanno portato alla crisi delle sue varie rappresentanze. Chi sta mettendo tanto lavoro e impegno nel lanciare questa iniziativa lo fa per passione e non certo per convenienza. È vero che nel comitato ci sono molti appartenenti al PD, ma ci sono anche molti che del PD non sono più o che lo hanno addirittura avversato, come gli esponenti del sindacato e della sinistra radicale che ieri sono intervenuti nell’assemblea per raccogliere il nostro appello. Lo abbiamo detto più volte, noi siamo apartitici ma non siamo antipolitici, quindi il punto non è il PD, il punto è capire che se la sinistra perderà quella che può sembrare una piccola consultazione, il risultato sarà quello di annientare, forse per sempre, un modo comune e solidale di intendere la città e il suo sviluppo. Giachetti per paradosso ha fatto bene a ringraziare i Radicali, raccogliendo le firme per il referendum hanno messo la sinistra davanti a una scelta che ci costringe a prendere una decisione cruciale, mentre ci sono esponenti che ancora pensano di potersi dedicare esclusivamente alla divisione degli incarichi e dei ruoli. Noi invece vogliamo vincere, vogliamo far vincere il No e non ci fermeremo per nessuna ragione.