“Si prevede che nel prossimo futuro si verifichino altri casi” di Chikungunya. “Dato che le condizioni
ambientali nella zona dovrebbero restare simili nelle prossime settimane, la probabilità di ulteriori trasmissioni nella Regione del Lazio è elevata”. A scriverlo in un report è il Centro europeo per la
prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc).
“Il fatto che il primo evento di trasmissione si stima sia avvenuto intorno alla metà di luglio 2017, o prima – ricorda l’Ecdc – che i casi siano stati segnalati in due aree separate e che diversi casi aggiuntivi siano sotto monitoraggio, suggerisce che la trasmissione locale è un mezzo efficace per la diffusione del malattia”.
Secondo l’agenzia europea sarà ora importante “l’individuazione precoce di eventuali casi importati” per distinguerli da quelli autoctoni, per i quali sono necessarie “indagini epidemiologiche ed
entomologiche” specifiche. “Gli Stati membri – avverte l’Ecdc – dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di segnalare qualsiasi caso confermato di Chikungunya fra chi viaggiato in Italia nelle due settimane precedenti l’inizio dei sintomi alle autorità sanitarie italiane. Ciò potrebbe aiutare a individuare possibili fonti di trasmissione aggiuntivi attorno all’area interessata”.
“Oltre alle attività coordinate di controllo vettoriale, la sensibilizzazione della comunità – evidenzia l’autorità – è importante informare la gente sulla necessità di misure di protezione personale contro le punture di zanzare e impegnare le comunità locali nell’eliminazione di siti di riproduzione di zanzare”.
Tali misure comprendono “l’uso di zanzariere, di abiti a maniche lunghe e pantaloni lunghi, soprattutto durante il giorno, quando le zanzare Aedes albopictus sono più attive; dormire e riposare in camere schermate o climatizzate e utilizzare reti anti-zanzara durante la notte e il giorno”.
Infine, “i viaggiatori che ritornano da aree in cui è attiva la trasmissione della Chikungunya dovrebbero consultare un medico se presentano sintomi compatibili con la malattia nelle prime due
settimane dopo il loro ritorno, in particolare se hanno soggiornato in aree in cui è attiva la zanzara Aedes albopictus. Ciò contribuirà a ridurre il rischio di ulteriori trasmissioni locali”.