“Sento di di poter affermare che iniziano ad intravedersi le prime tracce degli ‘anticorpi’ che si stanno inserendo nel sistema”. Così il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, introducendo la presentazione, presso il Senato, della relazione annuale inerente al 2015. In linea generale, dalla relazione Anac emerge che le segnalazioni di anomalie su appalti di lavori, servizi e forniture sono passate da circa 1.200 nel 2014 a quasi 3.000 nel 2015, un aumento di oltre il doppio che ha generato l’apertura di circa 1.880 fascicoli, pari a un abbondante 50% in più rispetto al 2014.
In materia di trasparenza le segnalazioni ricevute sulla piattaforma ‘Campagna Trasparenza’ sono aumentate di circa il 90%, passando da 760 nel 2014 a 1.435 nel 2015. Il totale dei procedimenti di vigilanza aperti nel 2015 supera le 6.300 unità ed è suddiviso in 2.560 procedimenti avviati sul sistema di qualificazione delle SOA, 929 sull’applicazione delle misure di prevenzione della corruzione, 341 sulla normativa in materia di trasparenza, oltre 600 le istruttorie di vigilanza c.d. ‘speciale’. “I dati illustrati, riferiti solo ad alcune delle attività svolte, stanno richiedendo notevoli sforzi organizzativi, professionali e umani da parte di tutti coloro che operano, a vario titolo, nell’Autorità – ha aggiunto Raffaele Cantone – Si ritiene, dunque, non più procrastinabile intervenire sull’art. 19 del decreto 90 che impedisce oggi all’Autorità di investire le risorse che ha già a disposizione. Rimuovere questo vincolo non significa aprire il rubinetto della spesa, ma vuol dire permettere all’Anac, senza alcun onere aggiuntivo per le finanze pubbliche, di rafforzare le proprie competenze e professionalità, di offrire a cittadini e operatori del mercato strumenti e servizi indispensabili e, soprattutto, di portare avanti i tanti progetti utili per la prevenzione della corruzione”.
Contestualmente ai dati inerenti all’attività del passato anno, il presidente dell’Autorità ha presentato anche le linee guida del nuovo Piano Nazionale Anticorruzione (PNA): l’aggiornamento 2015 approfondisce alcuni settori ad alto rischio corruttivo quali i contratti pubblici e la sanità. Per i primi, si sono proposti indicatori che, in sede di controllo interno, consentono di avere un quadro dinamico sull’andamento dei processi, ai fini della corretta mappatura degli stessi. Per i secondi, con il costante contributo di Agenas, sono state suggerite misure per governare i rischi corruttivi nelle aree obbligatorie e individuate ulteriori aree a rischio specifico, come l’attività libero professionale, i rapporti contrattuali con i privati accreditati, il decesso in ambito intraospedaliero, la farmaceutica, i dispositivi medici, la sperimentazione e le sponsorizzazioni.
Dal 2013, anno di istituzione dell’Anac, ad oggi stando a quanto riferito da Cantone “i risultati non incoraggianti dimostrano che il primo PNA del 2013 è rimasto sostanzialmente un pezzo di carta”.
Per oltre il 96% dei casi esaminati risulta adottato almeno un Piano (tanto che nel 2015 le sanzioni amministrative previste per la sua mancata adozione sono state solo 10), l’analisi del contesto esterno è assente per oltre l’84% dei casi, la mappatura dei processi delle aree a rischio obbligatorie è di scarsa qualità e analiticità in circa 3/4 dei casi, mentre le misure di trattamento del rischio sono adeguate solo in 4 casi su 10. Criticità, che stando alla relazione, sono confermate anche dall’attività di vigilanza: nel corso del 2015, sono stati aperti ben 929 procedimenti istruttori, alcuni relativi ad importanti amministrazioni come Roma Capitale e il Ministero dello sviluppo economico.
“L’attuazione insoddisfacente del PNA è riconducibile a diversi fattori – ha sottolineato il presidente dell’Autorità – in primis, le difficoltà organizzative delle amministrazioni, complice la scarsità delle risorse finanziarie, ma anche un diffuso atteggiamento di mero adempimento formale, limitato ad evitare le responsabilità in caso di mancata adozione del Piano. A ciò si aggiunge il problema, sempre più evidente, dell’isolamento del Responsabile della prevenzione della corruzione (RPC) nella formazione e nell’attuazione del Piano, a fronte del sostanziale disinteresse degli organi di indirizzo politico, che il più delle volte si limitano a ratificare il suo operato, approvando il Piano senza alcun approfondimento o supporto reale all’attività”.
Per tali motivi nell’aggiornamento 2015 del PNA sono state approvate diverse linee guida quali, ad esempio, quelle sull’applicazione della disciplina anticorruzione e trasparenza alle società in controllo e a partecipazione pubblica e sulle segnalazioni di illeciti da parte del dipendente pubblico.
Nello specifico della trasparenza “ribadito che essa rappresenta il più importante presidio per il contrasto della corruzione – ha sottolineato Cantone – va evidenziato come, nell’attuazione pratica, vi siano state luci e ombre”. Luci si intravedono nell’adeguamento sempre maggiore agli obblighi di pubblicità, anche se permane ad oggi una piccola parte di amministrazioni (il 16,5%) che non si è dotata, all’interno del proprio sito, della sezione “Amministrazione trasparente”, il “contenitore” di tutte le informazioni da pubblicare. Molti sono stati, invece, i casi di mancanza nel sito delle informazioni obbligatorie e su di essi si è concentrata la vigilanza dell’Autorità. Questa è articolata su tre livelli: una prima richiesta di adeguamento, l’adozione di un provvedimento di ‘ordine’ in caso di inadempimento e la sua pubblicazione (che dà luogo alla ‘sanzione reputazionale’) laddove l’amministrazione non si sia completamente adeguata alle richieste dell’Autorità.
I risultati anche in questo caso sono positivi: su 311 enti/amministrazioni per i quali si è concluso il ciclo di verifiche, l’82% si è adeguato dopo il primo intervento dell’Autorità, mentre il 9% dopo l’adozione del provvedimento d’ordine; soltanto il 2% non ha ottemperato e solo il 7% lo ha fatto parzialmente. “I dati suggeriscono che, pur in presenza della sola sanzione reputazionale per molti degli obblighi previsti dalla normativa, la strategia dell’accompagnamento delle amministrazioni verso la piena trasparenza sta fornendo buoni risultati” – ha aggiunto Cantone. Numericamente più significative sono state le carenze nella pubblicazione di dati patrimoniali dei titolari di incarico di indirizzo politico degli enti controllati, che danno luogo a una sanzione amministrativa: su 110 casi in cui l’Autorità ha inviato una richiesta di informazioni al Responsabile della trasparenza per le violazioni di tale obbligo, in 57 la risposta è stata che l’inadempimento è dipeso dall’omessa comunicazione da parte del titolare di incarico; in queste circostanze si è avviato il non semplice procedimento sanzionatorio. Nell’ambito del controllo e della regolazione dei contratti pubblici, settore notoriamente esposto a rischi di corruzione, il 2015 è stato caratterizzato da numerose attività, che si aggiungono a quelle oggi connesse all’attuazione del nuovo Codice.
Questa forma di controllo preventivo, mutuata dalla positiva esperienza di Expo 2015, a cui le stazioni appaltanti possono volontariamente sottoporsi, si è concretizzata con l’accoglimento, alla data del 31 maggio 2016, di 31 richieste, che vedono coinvolte importanti amministrazioni e società pubbliche, tra cui Consip, Roma Capitale, Inps, Poste Italiane, Invitalia e diverse Regioni (Lazio, Toscana, Sardegna, Campania e Calabria), producendo risultati molto positivi in termini di prevenzione di attività illecite. E’ stato registrato un notevole sviluppo della funzione consultiva con l’emissione di 943 pareri: 653 di precontenzioso e 290 sulla normativa. Sempre in materia di attività consultiva, l’Unità Operativa Speciale, composta soprattutto da appartenenti alla Guardia di finanza, ha reso 297 pareri preventivi sull’evento Expo 2015 (il 63% dei quali contenenti rilievi di legittimità/opportunità, accolti nel 76% dei casi) e 68 sull’evento Giubileo della Misericordia (il 97% dei quali con rilievi, accolti nel 67% dei casi).
In merito al lavoro svolto nell’ambito della vigilanza, va preliminarmente segnalato come il 2015 si sia caratterizzato per un’intensa attività ispettiva: sono infatti 41 le verifiche svolte su diverse grandi amministrazioni tra cui vari comuni, in primis quello di Roma, su cui mi soffermerò tra poco, l’Anas, l’Istituto Poligrafico, alcuni ministeri, regioni e Asl. Infine è da segnalare che criticità molto gravi, stando al report dell’Anac, sono emerse anche in relazione alla gestione dei rifiuti in alcune realtà, per le quali non si vedono vie d’uscita in tempi brevi. È il caso delle Regioni Sicilia (l’istruttoria è ancora corso) e Puglia, rispetto alle quali l’Autorità ha potuto constatare come i modelli di gestione siano ben lontani dal sistema integrato richiesto dal Codice dell’ambiente. La presenza di molteplici soggetti ai quali risulta oggi affidata la gestione dei servizi (comuni, province, autorità d’ambito, ecc.), favorita anche da logiche localistiche, incertezze normative e carenze nella programmazione regionale, ha determinato una frammentazione sistemica delle attività e gravi disfunzioni ‘a valle’, con appalti affidati in modo non regolare e, in qualche caso, persino a operatori economici raggiunti da interdittiva antimafia. (Fonte Omniroma)