Corruzione e depistaggi, arresti eccellenti a Roma

Tra i nomi figurano l’avvocato Piero Amara e il magistrato Giancarlo Longo. Spiata l’indagine delle tangenti Eni. In manette anche Enzo Bigotti, coinvolto nel caso Consip. Ed è indagato Riccardo Virgilio, ex presidente del Consiglio di Stato: "Sentenze pilotate per 400 milioni"

Guardia di finanza

I magistrati di Roma e Messina hanno chiesto e ottenuto l’arresto di 15 persone, tra cui l’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo, gli avvocati siracusani Piero Amara e Giuseppe Calafiore (attualmente all’estero) e gli imprenditori Fabrizio Centofanti e Enzo Bigotti (quest’ultimo ai domiciliari e già coinvolto nel caso Consip).

Le due Procure avrebbero scoperto una vera e propria associazione a delinquere in cui l’ex pm avrebbe avuto un ruolo rilevante; per anni avrebbe messo a disposizione la sua funzione giudiziale, in cambio di soldi, per aiutare i clienti dei due avvocati siracusani. L’ex pm sarebbe anche coinvolto in quello che riguarda il cosiddetto caso Eni. Indagato anche l’ex presidente di sezione del Consiglio di Stato, Riccardo Virgilio (oggi in pensione).  Sarebbero almeno tre le sentenze “aggiustate” che la procura di Roma ritiene attribuibili a Virgilio. Stando a quanto accertato dai procuratori aggiunti Paolo Ielo, Rodolfo Sabelli e Giuseppe Cascini, il magistrato avrebbe “pilotato” tre sentenze a favore dei clienti di Amara e Calafiore: tra questi, una società del gruppo vicino all’imprenditore Bigotti che, nell’ambito delle gare Consip, ha ottenuto il via libera a un appalto da 388 milioni.

Secondo le accuse, Longo, su input di Amara, legale esterno dell’Eni, avrebbe messo su un’indagine, priva di qualunque fondamento, su un presunto e rivelatosi falso piano di destabilizzazione della società del cane a sei zampe e del suo ad Claudio Descalzi. In realtà, per gli inquirenti che hanno arrestato anche Amara e Calafiore, lo scopo sarebbe stato intralciare l’inchiesta milanese sulle presunte tangenti nigeriane in cui Descalzi era coinvolto.

Longo è accusato di associazione a delinquere, corruzione e falso. “In qualità di pubblico ufficiale svendeva la propria funzione”, si legge nella misura cautelare emessa a suo carico, nella quale si parla di vera e propria “mercificazione della funzione giudiziaria”. E ancora: “Longo usava le prerogative a lui attribuite dall’ordinamento per curare interessi particolaristici e personali di terzi soggetti dietro remunerazione. Tali condotte vengono riscontrate a partire dal 2013 e perdurano sino ai primi mesi del 2017”.

Sempre secondo i magistrati che ne hanno chiesto l’arresto, l’ex pm usava tre precisi metodi: creazione di fascicoli “specchio”, che il magistrato “si auto-assegnava al solo scopo di monitorare ulteriori fascicoli di indagine assegnati ad altri colleghi (e di potenziale interesse per alcuni clienti rilevanti degli avvocati Calafiore e Amara), legittimando così la richiesta di copia di atti altrui, o di riunione di procedimenti;  fascicoli “minaccia”, in cui “finivano per essere iscritti – con chiara finalità concussiva – soggetti ‘ostili’ agli interessi di alcuni clienti di Calafiore” e fascicoli “sponda”, che venivano tenuti in vita “al solo scopo di creare una mera legittimazione formale al conferimento di incarichi consulenziali (spesso, radicalmente inconducenti rispetto a quello che dovrebbe essere l’oggetto dell’indagine), il cui reale scopo era servire gli interessi dei clienti di Calafiore a Amara”.

Le indagini, condotte dalle procure di Roma e Messina in coordinamento con quella di Milano, sono nate da “distinti input investigativi” e hanno permesso di portare alla luce una serie di reati messi in atto da due sodalizi criminali che sarebbero colpevoli rispettivamente di frode fiscale e di reati contro la pubblica amministrazione. Le ordinanze di custodia cautelare, effettuate dai due comandi provinciali della Guardia di Finanza, hanno raggiunto personaggi di spicco nel mondo dell’imprenditoria e della giustizia.

 

 

 

 

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