Crollo M5S:  Di Maio e Raggi colpevoli eccellenti

Alle prese con una congiuntura difficile del Paese e della Capitale, scontano l’avversione dei media e il ritardo del Movimento a diventare un  partito. L’Europa occasione di rilancio

immagine dalla pagina Fb Luigi Di Maio

Dopo l’Abruzzo anche in Sardegna c’è un crollo dei 5 stelle rispetto ai risultati delle politiche. Mentre la Lega, che al governo del Paese ne condivide le responsabilità, in entrambe le Regioni, guadagna posizioni. Non basta la giustificazione che è la prima volta delle Regionali per spiegare un così ampio ridimensionamento. Tanto più che anche nei sondaggi nazionali il partito guidato da Luigi Di Maio continua a regredire.

Gli osservatori politici fanno a gara nel chiedersi perché una parte degli elettori stia lasciando il “partito” fondato da Beppe Grillo e dove vadano quei voti. E non è certamente ininfluente la martellante campagna della maggior parte dei media contro le scelte dei cinquestelle. A fronte  invece di un appoggio,  quasi incondizionato,  alle posizioni della Lega che piacciono all’establishment.

A Roma in questi giorni le tante decine di alberi caduti per il vento  ripropone le critiche per la mancata manutenzione del verde della Capitale. La ex Mira Lanza a rischio di occupazione, richiama l’attenzione sulla mancanza di fondi per metterla in sicurezza, come per altri 150 edifici. Inoltre, da tempo, domina la cronaca locale la pessima raccolta dei rifiuti dell’Ama, il fatiscente parco automezzi dell’Atac e la pessima gestione della metro. Periodicamente fa poi capolino il problema delle buche e delle voragini dimenticate.

L’imputato eccellente è lei, la sindaca Virginia Raggi, colpevole di aver raccolto per i 5 stelle quasi il 70 per cento dei voti dei romani e di non aver saputo ancora  ‘’aggiustare’’ i mali di una Capitale in forte crisi.  Il Venerdì di Repubblica si preoccupa persino di annientare ciò che le resta di reputazione: un milione di follower su Facebook. Follower, “guadagnati” in campagna elettorale ma ormai lontani e con un’ interazione pressoché nulla.

Così per la progressiva perdita di consensi viene colpevolizzata l’inesperienza e la sintassi di Di Maio, nonché le gaffe del ministro M5S delle Infrastrutture, Danilo Toninelli. Con il supporto della grande alleanza mediatica contro alcune “presunte priorità” di fondo dei Cinquestelle, come gli obiettivi ambientali e gli investimenti per combattere le diseguaglianze.

Gli elettori, delusi dall’alleanza con un partito collegato alla vecchia politica, che costringe a  troppe mediazioni rispetto alle bandiere del cambiamento, dovrebbero ricordare il filosofo – sociologo Herbert Marcuse, che negli anni sessanta, all’epoca del movimento studentesco, metteva in guardia dal fatto che ogni rivoluzione è destinata ad essere inglobata dall’establishment.

Per il movimento studentesco è già andata così. Per il Movimento 5 stelle il rischio è vicino, a meno che sappia emanciparsi a livello di partito, senza perdere i connotati e le aspirazioni che lo distinguono.  Rispetto al consenso emozionale ora deve conquistare una consapevole fiducia sulla capacità di poter cambiare i presupposti dell’economia. A livello europeo in particolare, come ha sottolineato il ministro Giovanni Tria, sta diventando indispensabile cambiare le politiche perché non abbiamo più davanti una crescita lineare, ma piuttosto  congiunture ravvicinate di crisi e di sviluppo.  Ed è proprio con un progetto per una nuova Europa che il cambiamento dei M5S può diventare più credibile e concreto.

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