Ridurre il traffico, rendere più efficiente il sistema idrico o la raccolta dell’immondizia, facilitare la partecipazione dei cittadini. Sono solo alcuni degli ambiti in cui la urban technology, l’uso dei dati, fornisce la conoscenza di una città e aiuta a migliorare in maniera rivoluzionaria il modo di vivere anche metropoli ‘difficili’ come Roma.
“Ma se vogliamo essere davvero capaci di gestire questi cambiamenti – racconta in un’intervista a Carlo Ratti, architetto e direttore del Senseable City Lab al prestigioso Mit di Boston – dobbiamo sperimentare. E’ un peccato, ad esempio, che non ci siano in Italia società come Uber o Lift. Se uno si taglia fuori, se mette la testa sotto la sabbia come uno struzzo, anziché essere architetto del futuro ne diventa vittima”. Ratti, al Mit, dirige un gruppo di ricerca che esplora come le nuove tecnologie stanno cambiando il modo in cui noi intendiamo, progettiamo e viviamo le città. Un pioniere di un’architettura urbana in cui la dimensione fisica è connessa a quella digitale, con studi che vanno dal traffico all’energia, dai rifiuti all’acqua alle costruzioni. Spiega: “le tecnologie della rete stanno entrando nelle città, nello spazio fisico. L’internet delle cose sta trasformando moltissimo tutto il modo di leggere, interpretare, progettare, abitare la città”.
Un campo assai promettente: le startup nell’urban tech sono le più effervescenti di tutte, attraggono più capitali del biotech o del fintech. Ma nel concreto, come si può migliorare una città come Roma? “Ad esempio – spiega Ratti – sto lavorando con il governo di Singapore su un grande progetto di mobilità in cui si usano i dati in tempo reale, e le nuove tecnologie che consentono la circolazione di auto senza guidatore, per rendere molto più efficiente la mobilità di Singapore.
Questo può funzionare in modo analogo in una città come Roma: la mobilità avrà un grandissimo cambiamento”. E oltre a lavorare sul progetto di riconversione di Expo 2015, con la sua Carlo Ratti associati attiva a New York e Torino, Ratti fu fra i primi a intuire con un progetto proprio a Roma, nel 2006, il potenziale degli smartphone per capire i flussi di traffico. Ma davvero è più difficile intervenire in città come Roma, con il suo patrimonio storico e l’equilibrio delicato fra la sua architettura storica e le esigenze di oggi? Ratti non lo crede affatto.
“Sono appena tornato da Atene, dove il nuovo progetto dell’Acropoli è un edificio assolutamente contemporaneo che si inserisce bene e piace a tutti”. Dunque – spiega – “possiamo intervenire anche nei tessuti storici, con molta attenzione, anche in zone storiche, creando qualcosa che migliora l’esistente, con un linguaggio contemporaneo”. La resistenza nella cultura italiana, forse, è dovuta ad alcuni eccessi di demolizione nel secondo dopoguerra. “Oggi l’Italia ha come una crisi di rigetto, come se non si potesse spostare un mattone. Ma una società in cui non si può spostare un mattone è una società morta”.(Fonte ANSA).