Donna spinta sotto la metro di Roma: risponde lo psichiatra

Cosa succede nella mente di un ammalato psichiatrico, curato e ritenuto inoffensivo e cosa lo trasforma in un "mostro". Come valuta i casi la medicina?

La tragedia è tristemente nota. Una signora sta aspettando la metropolitana. Un uomo, inspiegabilmente, la spinge sotto il convoglio in arrivo. La vittima è Micaela Castro Pizarro, peruviana. L’aggressore, un italiano, si chiama Igor Trotta. I due non si conoscono. Non vi è alcun motivo per spiegare il folle gesto (clicca qui per vedere il video). L’uomo, si scoprirà in breve tempo, è in cura presso il Centro di igiene mentale del Laurentino 38. E, anche quella mattina di venerdì, prima di scendere sotto in metropolitana, aveva svolto la regolare terapia al centro di salute mentale del Sant’ Eugenio. La madre assicura che, prima di allora, non era mai stato violento. Ma venerdì lo è stato.

E non può accadere ancora? E magari con conseguenze ben più gravi? Ma che tutele abbiamo? Siamo tutti in pericolo? E’ una esagerazione? Poteva capitare a chiunque di noi?

Intanto Igor resta nel centro clinico del carcere di Rebibbia ed è stata disposta una perizia psichiatrica. I risultati saranno resi noti il prossimo 21 marzo.

Altri risultati, invece, sono le cifre, pubblicate dal Rapporto sulla Salute Mentale che parlano di 777.035 utenti psichiatrici assistiti nel 2015 dai servizi specialistici, di cui 369.569 entrati in contatto per la prima volta durante l’anno con i Dipartimenti di Salute Mentale. Il 90,3% di questi ultimi (333.554) ha avuto un contatto con i servizi per la prima volta nella vita. Gli utenti sono di sesso femminile nel 54,4% dei casi, mentre la composizione per età riflette l’invecchiamento della popolazione generale, con un’ampia percentuale di pazienti al di sopra dei 45 anni (66,1%).
Numeri freddi. Dati che, letti da soli, inquietano ma non danno alcuna spiegazione.

Cerchiamo di fare chiarezza. Ne abbiamo parlato con il professor Massimo Lanzaro, già primario al Royal Free Hopital di Londra e attualmente dirigente all’asl Napoli 2 nord.
“Prima il malato era sempre ritenuto persona pericolosa, ma con l’evoluzione della psichiatria c’è stata una revisione del concetto di pericolosità del malato mentale, secondo il criterio dell’individualizzazione: nessuno afferma più per principio che tutti i malati sono pericolosi ma nessuno nega che alcuni lo siano. L’eventuale pericolosità va acclarata caso per caso. La correlazione tra malattia mentale e comportamento violento aumenta quando i malati assumono alcol o droghe e i fattori associati al comportamento violento sono gli stessi nei sani e nei malati (sesso, età, background familiare, storie di abusi)”.

Esiste un particolare allarme sociale?
In questo giocano due fattori: incomprensibilità cioè assoluta incongruità dei motivi che possono riscontrarsi in alcuni delitti e dubbio che il delitto avrebbe potuto essere evitato con un’adeguata prevenzione da parte dei servizi psichiatrici. Il grave delitto di sangue commesso da un malato in preda a delirio, tanto da sentirsi obbligato a uccidere, o perché si crede vittima di persecuzioni, suscita sempre un particolare sconcerto ascrivibile alla incomprensibilità. Ma oggi, questa incomprensibilità, non deve estendersi a tutti i malati. L’umanizzazione del trattamento e le possibilità di cura hanno comportato grandi benefici alla salute mentale che compensano le azioni di pochi. La psichiatria ha dei limiti nelle possibilità di previsione della condotta violenta e ogni predizione del comportamento è piena di incognite. Per la pericolosità sociale si prenderanno in esame alcuni indicatori. Le variabili importanti per la pericolosità sono due: che le voci suggeriscano di agire e che siano durature, non un fenomeno transitorio.

Esiste, in merito, una casistica?
Anche se non esistono forme morbose elettivamente criminogenetiche, a livello di frequenze statistiche e di osservazione clinica, vi sono disturbi mentali che sono più spesso ricollegabili alla commissione di reati, Non vi è comunque nessun legame di necessità tra certi tipi di disturbi e certi reati. Di certo, quando il paziente informa il medico di sentire delle voci (soprattutto quelle che gli suggeriscono di agire), quando è vittima di allucinazioni costanti nel tempo, siamo di fronte a un importante campanello di allarme.

Di Michele La Porta

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