Elezioni 2021: Sette Rome sfidano candidati e Governo

Un recente libro divide la Capitale in sette aree molto diverse fra loro sul piano economico e sociale, ormai difficilmente governabili con un’unica accentrata politica produttiva, finanziaria e amministrativa

Per la giornata “Oltre la città” la settimana scorsa al “Festival di Architettura SPAM.03.2021 Restart! azioni per ripartire”,  Keti Lelo e Salvatore Monni hanno presentato “Le sette Rome”, scritto insieme a Federico Tomassi, edito da Donzelli Editore.

Già due anni fa Monni, professore associato all’Univestità Roma Tre, Keti Lelo, ricercatrice di Roma Tre e Federico Tomassi, dirigente pubblico, hanno pubblicato sempre con Donzelli,  “La Mappa delle Diseguaglianze” (con la posfazione di Walter Tocci), segnalando, come i livelli di disoccupazione e deterioramento nella Capitale si accentuino via via che ci si dirige verso Est e verso il litorale, dove c’è una maggiore densità abitativa, per sfuggire ai maggiori costi della vita al centro della città.

Il nuovo libro esce alla vigilia delle elezioni del nuovo sindaco, ricordando, nel corso di un confronto elettorale poco esaltante, che per dare un senso alle alternative si dovrebbe partire innziattutto dalla contatazione della radicata disomogeneità economica e sociale che si registra all’interno della gigantesca area in cui si estende la Capitale.

Cosi, prendendo spunto da un numero che torna come un destino, gli autori hanno diviso Roma in sette aree, Sette Rome, appunto.  La città storica, colma di testimonianze artistiche, architettoniche e archeologiche; la città ricca, che unisce quartieri benestanti anche lontani fra loro; la città dell’automobile, disposta lungo i principali assi di viabilità di scorrimento veloce; la città-campagna, che si estende su ciò che resta dell’Agro romano; la città compatta, dei quartieri residenziali intensivi costruiti negli anni dell’espansione post-bellica; e infine la città del disagio, dove si trova gran parte dei complessi di case popolari circondati da periferici quartieri abusivi, e la più sfuggente, sebbene diffusa, città degli invisibili: due città in cui la pandemia ha mostrato la sua faccia più feroce.

Il libro documenta che Roma è una capitale con un modesto peso demografico, ma che al suo interno racchiude un grande “caleidoscopio urbano”: può capitare che una strada divida mondi diversi per estetica, composizione sociale, qualità della vita. Questa diversità è frutto della sua impetuosa crescita negli ultimi 150 anni, una crescita che non poteva generare un territorio urbano omogeneo e uniforme: quella che continuiamo a chiamare Roma è divenuta ormai una grande area metropolitana, dalla costa del Tirreno fino ai primi rilievi appenninici, e al suo interno ha visto svilupparsi e prendere forma altre città, gettando la Capitale in una sorta di crisi identitaria.

Sulla base di dati aggiornati – economici, urbanistici, demografici, e relativi a infrastrutture e servizi – vengono delineate sette “città nella città”, con caratteristiche simili, per composizione dei nuclei familiari, livelli di istruzione, tipologie occupazionali.

In 29 carte a colori le sette città emergono in tutta la loro evidenza, e accanto ad esse, in maniera pressoché analoga, la geografia delle imprese, che si dispongono nel tessuto urbano seguendo una specifica frammentazione, a seconda del settore di interesse, e quella linea centrifuga che da tempo contraddistingue la crescita della capitale. Emerge una realtà fatta di disparità economiche e sociali fortissime, sulle quali la pandemia ha inciso pesantemente, esasperando il disagio delle aree più fragili.

Non è un caso – si legge nella scheda di presentazione del libro – che il virus si diffonda maggiormente nelle zone popolari del quadrante est della città, intorno e soprattutto fuori dal Gra, dove i residenti crescono e le difficoltà socio-economiche sono maggiori, o che l’impatto più devastante sia quello sulla “città degli invisibili”, a causa delle difficili condizioni igieniche, della mancanza di spazi adeguati al distanziamento, di tipologie occupazionali spesso manuali e poco adatte al lavoro agile, della necessità di muoversi col trasporto pubblico.

Come rileva Claudio Gnesutta, nella recensione su “Sbilanciamoci”,   il contributo del libro va al di là della pur encomiabile conoscenza più approfondita delle realtà di Roma, e del piacere di “vederle” attraverso l’eloquenza delle mappe. La sua maggiore importanza risiede nel porre in tutta la sua complessità la questione di quali politiche possono essere implementate per migliorare la qualità della vita dei romani. In presenza di “sette Rome” – diverse per condizioni di ricchezza, salute, istruzione, occupazione, attività economiche e qualità della vita – non è pensabile che il governo della città si possa  esercitare attraverso “una”, unica e accentrata, politica produttiva, finanziaria, amministrativa con il rischio che privilegiare gli interessi di una “città” imponga, nel contempo, intralciare le aspettative di sviluppo di un’altra o più “città”.

Un’altra difficoltà emerge quando si consideri la non stretta corrispondenza tra il territorio delle sette città di Roma e quello delle circoscrizioni dell’attuale struttura amministrativa. Una discrepanza che rende inefficace qualsiasi forma di decentramento volto a semplificare l’azione di governo della città poiché, come al centro, anche ogni zona amministrativa rischia di dover fronteggiare realtà disomogenee, dal punto di vista economico e sociale, delle diverse sette città di Roma che si intersecano sul suo territorio. Certamente una sfida difficile tanto per la discussione nella campagna elettorale, quanto per l’azione di chi vincerà il confronto. Nonché un’indiretta accusa ai governi del Paese, che si sono vantati di Roma, della sua storia e dei suoi monumenti, senza prendersene alcuna cura sul piano legislativo.

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