Folla al Roseto comunale di Roma all’Aventino. Per ora è visitabile una delle due porzioni del guardino, e gli ingressi sono contingentati per evitare assembramenti. Ospita un migliaio di specie di rose differenti, su 10.000 metri quadrati. La fine del lockdown dopo la fase 2 della pandemia di Coronavirus ha fatto esplodere la voglia di verde dei cittadini.
Fu istituto nel 1931 su decisione del Governatore di Roma, il principe Francesco Boncompagni Ludovisi, su sollecitazione della contessa Mary Gayley Senni. L’originaria collocazione era sul colle Oppio, presso il Colosseo. Il giardino era costituito da circa 300 piante, compresa una raccolta di rose provenienti dal Vivaio del Governatorato. Nel maggio 1933 fu istituito il Premio Roma per le Nuove Varietà di Rose, il concorso più antico del mondo dedicato a questi fiori dopo quello di Bagatelle, vicino Parigi, istituito nel 1907[1]. La contessa Mary Gayley Senni fu la curatrice delle varie edizioni e fece parte della Giuria fino al 1954, in rappresentanza dell’American Rose Society.
Il roseto andò distrutto durante la seconda guerra mondiale e fu ricostituito nella Valle Murcia – un’area agricola che, dal III secolo a.C., era stata sede di un tempio dedicato a Flora. Vi fu collocato dal 1645 il cimitero ebraico fino al 1934, e il sito era per ciò detto “Ortaccio degli Ebrei”.
Il cimitero ebraico fu spostato nel 1934 in un settore del cimitero del Verano, e la zona fu occupata da “orti di guerra”, per poi rimanere incolta. Nel 1950 il Comune, con l’accordo della Comunità ebraica decise di ricreare il roseto nell’area attuale. L’antica destinazione non fu però obliterata: i vialetti che dividono le aiuole nel settore delle collezioni formano in pianta il disegno di una menorah, il candelabro a sette braccia, e ai due ingressi venne posta una stele con le Tavole della Legge di Mosè che ne ricorda la passata destinazione, opera dell’architetto Angelo Di Castro.