I guai finanziari e l’inerzia dei soci spingono la Fiera di Roma verso il baratro. Non solo. Oltre alle difficoltà economiche del polo fieristico della capitale, si aggiungono ora anche i contrasti in seno alla Camera di Commercio di Roma, primo socio della Investimenti spa, holding di controllo della Fiera. Unindustria e Confcommercio hanno, infatti, pubblicamente contestato la nomina di Luca Voglino ai vertici della Investimenti spa in sostituzione di Lorenzo Tagliavanti, che si è fatto da parte per questioni di incompatibilità con l’incarico di presidente della Camera di commercio capitolina.
“Troviamo paradossale – scrivono Unindustria e Confcommercio in una nota congiunta – che la Giunta, con la delibera 200 del 20 ottobre, abbia dato mandato esclusivo a Tagliavanti di individuare i nuovi componenti di alto profilo tecnico da nominare nel cda della Investimenti per sostituire, di fatto, se stesso. Se, infatti, esisteva la necessità di procedere ad un cambio di governance per assicurare la positiva evoluzione del Piano di Risanamento, quale cambio può garantire Tagliavanti visto che con la sua gestione l’equilibrio dei conti di Investimenti è sprofondato nel baratro?” La faccenda non promette nulla di buono per la Fiera di Roma controllata, oltre che dalla Camera di Commercio di Roma (58,5%), anche dal Comune di Roma (21,7%) e dalla Regione Lazio (9,8%).
Tanto più che con il sindaco Ignazio Marino fuori gioco e il commissario che l’ha sostituito, è difficile immaginare una qualsiasi reazione da parte del Comune. Il punto pero’ è che ora il risanamento della Fiera appare un obiettivo ancora più lontano nonostante i tentativi di salvataggio in extremis portati avanti finora dall’ad uscente Mauro Mannocchi. Fra mille difficoltà, Mannocchi era riuscito a portare sul tavolo dei soci di Investimenti spa l’offerta del gruppo belga Photonike capital, che non solo avrebbe voluto acquistare la Fiera, ma anche la stessa sua controllante. Debiti e progetti di sviluppo immobiliare inclusi. Ma la proposta è stata rispedita al mittente nonostante il momento critico che sta vivendo la Fiera con un fatturato in calo ad appena 21,7 milioni nel 2014 contro i 36 milioni del 2010.
Eppure, sino a poco tempo fa, sembrava che finalmente tutti i tasselli iniziassero ad andare al posto giusto. A cominciare dalla decisione del Comune, dopo otto anni di tira e molla, di approvare la variante per la riqualificazione dell’area della vecchia Fiera di via Colombo localizzata in una zona semi-periferica della Capitale. La decisione del Campidoglio, che ha previsto l’edificabilità di 75mila metri quadrati, era il punto di partenza per rendere l’area d’interesse dei privati che avessero voluto partecipare ad un rilevante progetto di riqualificazione urbana. L’operazione che, secondo il Comune, vale almeno 300 milioni di euro avrebbe infatti permesso alla Fiera srl di saldare parte dei suoi debiti (circa 200 milioni) contratti in buona parte con Unicredit. Ma alla fine, tutti i buoni propositi sono rimasti sulla carta e il rischio ora è che la Fiera fallisca davvero. E che i suoi asset, pre d’interesse di costruttori come Caltagirone e Salini, finiscano per essere venduti per pochi euro dopo una lunga procedura di liquidazione. Per Roma sarebbe davvero una sconfitta: la città sarebbe infatti privata di un asset importante come un polo fieristico senza peraltro ottenere alcun beneficio per le sue casse. Difficile immaginare scenario peggiore.
(Elena de Santis)