Gli occhi dei risparmiatori puntati sulla cena di Conte

La posizione del governo è ferma sui paletti già fissati. Quota 100 e riforma Fornero non si toccano. Ma da Bankitalia e dall'asta bot arrivano segnali preoccupanti

Sarà una cena idealmente molto affollata, quella che attende questa sera il premier Giusppe Conte a Bruxelles. A sedersi a tavola dovrebbero essere poche persone, da un lato lo stesso premier col ministro dell’Economia, Giovanni Tria, e la triade (non chiamiamola troika) Jean Claude Juncker, Pierre Moscovici e Valdis Dombrovski. Ma saranno molti gli italiani interessati al colloquio: innanzitutto i risparmiatori, e certamente le banche, soprattutto le minori. Non tanto per la conferma della procedura d’infrazione, che può essere in qualche modo sfumata (soprattutto sul versante dell’entrata in vigore della medesima), ma per capire se e come, all’apertura di lunedì reagiranno i mercat e lo spread.

In realtà, i toni da parte italiana sembrano un po’ meno concilianti rispetto alle parole possibiliste degli ultimi giorni. Conte insiste a parlare di “rimodulazioni”, un’espressione che pare escludere modifiche, e sulla stessa lunghezza d’onda sono le ultime dichiarazioni di Di Maio (“Su reddito di cittadinanza e riforma Fornero a quota 100 non è ipotizzabile alcuna riduzione della platea) e di Salvini (“La manovra non è un pacchetto chiuso, ma non ci possono chiedere di mettere le mani nelle tasche degli italiani e togliere soldi e per quanto mi riguarda escludo passi indietro sulla legge Fornero”).

Ma la posizione di Roma non è fortissima, dopo l’allarme della Banca d’Italia, secondo la quale la fiammata dello spread da maggio ad oggi ha aumentato la spesa per interessi di 1,5 miliardi di euro. E nel 2019 arriverebbe a 5 miliardi. Per i risparmi degli italiani significa perdite consistenti se ad esempio qualcuno dovesse, oggi, essere nella necessità di disinvestire titoli di stato acquistati tempo addietro. Forse è per questo che l’ultima asta dei titoli è andata semideserta: il tesoro aveva bandito titoli per 7,7 miliardi, ma ne ha venduti solo per 2,2 miliardi.

E’ un significativo campanello d’allarme: il governo, lo ha detto Salvini, spera in caso di emergenza, di ricorrere all’aiuto del grande risparmio delle famiglie italiane, che da solo è enormemente superiore al debito pubblico. Ma, almeno in quest’ultima asta, è stato un mezzo flop. A mezza bocca viene allora affacciata l’ipotesi di una patrimoniale. Ma fatta come? Secondo la Cgia di Mestre sono già una quindicina le imposte patrimoniali che gli italiani sono costretti a pagare ogni anno. Nel 2017, ad esempio, tra l’Imu, la Tasi, l’imposta di bollo, il bollo auto, etc., abbiamo versato al fisco 45,7 miliardi di euro. Rispetto al 1990, il gettito riconducibile alle imposte di possesso sui nostri beni mobili, immobili e sugli investimenti finanziari in termini nominali è aumentato del 400 per cento, mentre l’inflazione è cresciuta del 90 per cento. In buona sostanza, in oltre 25 anni abbiamo subito una vera e propria stangata. E allora bisognerebbe adoperare un bel po’ di fantasia. A meno di incanalare più risorse verso gli investimenti rinunciando a qualcosa sul reddito di cittadinanza, come la Lega sta spingendo da qualche giorno.

© StudioColosseo s.r.l. - studiocolosseo@pec.it
Il Sito è iscritto nel Registro della Stampa del Tribunale di Roma n.10/2014 del 13/02/2014