Da una parte i costruttori, il sindaco di Roma e un ristretto gruppo di esperti. Dall’altra i proprietari di casa e persino il governo. Quella del cosiddetto fascicolo di fabbricato, la cartella clinica per gli immobili contenente dati utili a mappare le zone più a rischio, sta diventando una questione complicata, arrivando a spaccare diverse categorie del mattone. Ancor più dopo il recente crollo della palazzina anni 50 a Ponte Milvio. dove la settimana scorsa si è rischiata la strage. Dotare gli immobili di un proprio documento di riconoscimento indicativo dello stato di salute di un palazzo è per molti l’unica via per prevenire disastri come quello di via della Farnesina o, spingendosi ancora più in là, come quello di Amatrice, rasa al suolo dal terremoto. Peccato però che la misura abbia incontrato il fuoco di sbarramento del governo, che vede nell’obbligo di dotarsi del fascicolo, introdotto per la prima volta dal Comune di Roma nel 1999 ma subito bocciato dal Tar, un onere gravoso per gli inquilini. Tanto da bocciare in Consiglio dei ministri una proposta di legge della Regione Puglia che ne prevedeva l’estensione a livello nazionale.
Non la pensano così all’Ance, l’associazione dei costruttori, che più volte si è espressa con favore all’obbligatorietà della misura, ad oggi esclusiva prerogativa dei Comuni. “Eravamo e siamo del tutto favorevoli”, spiegano ambienti dell’Ance a Radiocolonna.it. Filippo Delle Piane, che di Ance è vicepresidente, spiega a Radiocolonna.it i motivi e le ragioni che giustificano il ricorso a tale misura, pur ammettendo la necessità di paletti. “Noi il fascicolo lo vogliamo e lo sosteniamo, chiunque sia sano di mente lo vorrebbe. Ma non possiamo certo pensare che un pezzo di carta possa permetterci di lavare la coscienza. Il libretto non può essere solo un timbro della Pa che grava sui cittadini. Altrimente sarebbe l’ennesima dimostrazione che questo Paese muore di burocrazia. Qualcuno pensa che basta fare il libretto e finiscono i crolli. Non è così”. Per l’esponente dell’associzione, non esiste infatti il “rischio zero: il fascicolo può e deve essere uno strumento in più per prevenire ulteriori disastri, non certo la soluzione definitiva al problema del patrimonio. Ma al contempo non deve risultare solo una pratica amministrativa fine a se stessa, ma deve essere strutturato e ben concepito. Noi come Ance abbiamo già messo in moto una moral suasion sul governo”. Inoltre, per sensibilizzare l’opinione pubblica l’associazione guidata da Claudio De Albertis, ha addirittura redatto un documento in cui vengono indicate le normative in materia di fascicolo regione per regione.
Dello stesso avviso dell’Ance è anche il sindaco Raggi, che in un post a caldo su Facebook, all’indomani del crollo, ha rilanciato la necessità di “uno strumento alternativo e legale che ci consenta di avere una risposta immediata e adeguata. Per questo, dalla prossima settimana sarà avviato il gruppo di lavoro per predisporre una convenzione che, in caso di emergenza, possa essere attivata immediatamente”. Fin qui il partito dei favorevoli al fascicolo di fabbricato. Ma allora cosa sta bloccando sul nascere una misura? Ad alzare le barricate sono stati soprattutto i proprietari di casa riuniti in Confediliza, che hanno salutato con piacere il parere negativo di Palazzo Chigi. Che tra le altre cose, come confermano diverse fonti a Radiocolonna.it, ha deciso di stralciare ogni riferimento al fascicolo dal decreto Casa Italia, per la ricostruzione delle zone terremotate. La confedereazione guidata da Giorgio Spaziani Testa si è sempre battuta contro l’obbligatorietà del fascicolo, visto come una specie di inutile balzello a carico di inquilini e amministratori. In più occasioni l’associazione ha bollato la misura come un esempio di demagogia delle facili ricette, lucrose per alcuni, dannose per la collettività, che nulla c’entrabno con l’approccio realistico e serio ai problemi della prevenzione”. Concetto peraltro ribadito proprio ieri da Camillo Nuti, membro del consiglio di Confedilizia, per il quale il libetto di fabbricato non serve.(G.Z.)