Il Gay Pride salverà la sinistra italiana?

Uscire di casa, manifestare e sentirsi parte di una comunità: il modello-Pride per riportare la gente in piazza

Piazze piene, urne vuote. Nella Prima Repubblica questa frase ha riassunto bene il rapporto tra consenso e partecipazione politica nel nostro Paese. Il Partito Comunista Italiano organizzava comizi con masse incalcolabili di iscritti ed elettori mentre la Democrazia Cristiana vinceva le elezioni con una base elettorale meno evidente e più silenziosa.

Ma oggi la frase di Pietro Nenni necessita di un aggiornamento, visto che la sinistra italiana non solo ottiene risultati elettorali modesti ma non riesce a radunare folle o a creare un senso di partecipazione collettiva alla vita politica che vada oltre i soliti, stoici militanti.

Emblematico l’esempio della campagna elettorale del 2013, con il Movimento Cinque Stelle che riempiva la piazza rossa di San Giovanni mentre la coalizione di centrosinistra di Bersani si chiudeva nel teatro Ambra Jovinelli con pochi aficionados e tante facce note della gauche italiana.

Sabato scorso nella Capitale s’è svolto un Roma Pride che ha portato in strada centinaia di migliaia di persone. Forse anche mezzo milione. Un miraggio per quella sinistra italiana che ormai ha perso il contatto con la piazza e che percepisce i mercati rionali e i centri di aggregazione popolare con luoghi off limits, dove la contestazione è quasi certa e in cui fare proselitismo  quasi impossibile.

Gay, etero, lesbiche, studenti e lavoratori che sono scesi in piazza con identità diverse ma sensibilità comuni. C’è un’Italia che crede nei diritti – siano essi sociali o civili – e che ha la forza di unire i punti per dar vita a un movimento trasversale che rappresenti i diritti LGBT, le lotte studentesche, le battaglie sindacali. Sfide che mettono al centro la persona, i suoi diritti e la sua dignità, per usare le parole dell’organizzatore del Roma Pride e presidente del Circolo Mario Mieli Sebastiano Secci.

E sarà compito di una nuova sinistra – sempre che abbia ancora intenzione di esistere – raccogliere il testimone di queste lotte e dargli anche una rappresentanza politica ed elettorale.

Con il governo gialloverde la sinistra italiana ha l’occasione irripetibile di rappresentare istanze e partecipare a battaglie che sono escluse dal contratto di governo stipulato da Di Maio e Salvini. Un patto governativo che rischia di aumentare le diseguaglianze (flat tax) e che potrebbe relegare gli ‘ultimi’ all’attesa passiva dell’obolo da parte dello Stato con misure assistenzialiste e poco sostenibili (reddito di cittadinanza).

Nei caleidoscopio del pride romano si può intravedere qualcosa che va al di là della semplice manifestazione primaverile.

Un evento che ha avuto il merito – prezioso – di fare uscire la gente da casa per sostenere una o più cause in un’epoca in cui le imprese di food delivery hanno tolto anche il piacere di muoversi per andare a mangiare una pizza.

Un’opportunità che la sinistra dovrebbe cogliere per ritrovare una propria identità su quei temi e su quelle sensibilità che da sempre fanno parte del suo bagaglio culturale. Non sappiamo se senza la Lega al governo e le esternazioni del Ministro Fontana ci sarebbe stata una partecipazione al Roma Pride così massiccia e imponente. Quel che è certo è che l’entusiasmo e il senso di appartenenza che si percepiva nei volti dei partecipanti è un tesoro per una parte del Paese che resiste ai venti razzisti e liberticidi che soffiano sul continente europeo.

Non sappiano nemmeno se le note di Cindy Lauper sostituiranno quelle di Fossati e Guccini nella rappresentazione musicale della sinistra italiana.

Ma nell’Italia grilloleghista il partito dei Bronski Beat potrebbe avere un sacco di voti.

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