Imboscate tv e gaffe pubbliche: il dramma comunicativo di Marino

Una giornata complessa sul fronte mediatico tra convegno ACER e intervista tv

Ignazio Marino e il mondo dei media. Un rapporto complesso che il sindaco ha dimostrato di gestire con grande difficoltà, incline ad accettare imboscate televisive, autodafé pubblici e talk show umilianti, impotente di fronte all’attrazione fatale dello show televisivo che ricorda un po’ quella omerica, di Ulisse, verso le sirene. Ieri nello studio di Piazzapulita il Primo Cittadino ha fatto il punto sulle spese della trasferta americana dopo che il consigliere comunale Onorato – Lista Marchini – era entrato in possesso di documenti che smentivano il “costo zero” del viaggio per le casse cittadine. Uno contro tutti, come sempre più spesso gli accade, stretto nella morsa del triumvirato composto da Corrado Formigli, Sergio Rizzo e Fabio Martini. Alcuni servizi hanno documentato lo stato drammatico del trasporto pubblico romano, una caporetto fatta di evasione, guasti irrisolti e lassismo. Il conduttore ha chiesto – provocatoriamente – perché a suo tempo il sindaco non abbia portato i libri in tribunale. Un atto simbolico che – seppur valido nelle intenzioni – avrebbe portato al collasso (ancora di più) la viabilità romana. Martini de “La Stampa” gli ha contestato un’assenza di empatia con il pubblico, con i cittadini, con il mondo dell’informazione. Una dote che possiede invece il premier Renzi, lontano dalle imboscate mediatiche, scaltro nelle forme comunicative e distante dai problemi che possono fargli perdere voti, saggiamente delegati ad altri. La lotta contro i capicorrente del proprio partito, la volontà di eliminare privilegi e inefficienze dei dipendenti comunali, la battaglia contro i camion bar, il monitoraggio dei veicoli AMA. Tutte questioni che avrebbero potuto portare una boccata d’ossigeno all’amministrazione, un ritorno di popolarità ma che – per ingenuità e incapacità comunicative – si sono rivelate un boomerang. Quando Sergio Rizzo ha fatto presente a Marino che la città è più sporca rispetto al passato, il sindaco ha negato l’evidenza, ha farfugliato frasi fatte e ha subito la provocazione giornalistica. Non ha raccontato che i tanti affidamenti diretti sul verde pubblico e sulla raccolta dei rifiuti sono stati eliminati perché affidati in passato a cooperative poco trasparenti, spesso collegate al sottobosco di Mafia Capitale, con inevitabili ricadute nel breve termine sulla gestione dei parchi e sulla pulizia delle strade. Battaglie lodevoli condotte dalla sua maggioranza che – alla prova delle telecamere – mostrano un re nudo al cospetto dei propri sudditi. Un pugile suonato di fronte a un match che  – per volontà e caparbietà – avrebbe potuto vincere ai punti. Tutto questo nel giorno in cui s’è svolta l’assemblea dei costruttori romani dell’ACER e il sindaco ha definito “la mia badante” il Prefetto Gabrielli, plenipotenziario governativo sulla gestione del Giubileo e sul controllo amministrativo della Capitale.

Oggi Roma ha bisogno di un sindaco che abbia il coraggio di prendere scelte impopolari ma che sappia tener testa al mondo dell’informazione e ai gruppi di potere che temono di perdere privilegi e prerogative da un’azione amministrativa sfrontata e coraggiosa. L’impressione è che il sindaco abbia preso atto dell’incapacità di impostare un rapporto empatico con i suoi elettori e abbia deciso di sacrificare se stesso sull’altare della popolarità per aprire il vaso di Pandora e far conoscere ai cittadini romani tutte le partite che i prossimi sindaci saranno costretti ad affrontare. (gds)

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