Inchiesta: Fiera di Roma vendesi, si inizia da area Colombo

Sul tavolo dei soci di Investimenti spa l'offerta del gruppo Photonike capital

Lorenzo Tagliavanti lo aveva annunciato prima della pausa estiva. Il nuovo presidente della Camera di Commercio capitolina, aveva spiegato che la Fiera di Roma “era un morto. La variante – per il vecchio polo di via Cristoforo Colombo – gli ridà un po’ di vita. Ma il paziente è ancora convalescente: serve una revisione generale”. Ed, in effetti, al Campidoglio sono ben coscienti della necessità di rimettere mano rapidamente al dossier del centro espositivo capitolino che fa capo alla Investimenti spa, società che controlla la Fiera e che ha come soci la Camera di Commercio di Roma (58,5%), il Comune di Roma (21,7%) e la Regione Lazio (9,8%). Anche perché il tempo stringe: la Fiera di Roma srl, controllata da Investimenti spa, è in concordato e ha bisogno di certezze sul futuro entro il prossimo 10 ottobre. Sul tavolo dei soci di Investimenti spa c’è l’offerta del gruppo belga Photonike capital, che non solo vorrebbe acquistare la Fiera, ma anche la stessa sua controllante. Debiti e progetti di sviluppo immobiliare inclusi. Al momento, pero’, ai piani alti della Investimenti spa tutto tace. Il motivo del resto è comprensibile: il momento è critico e la nuova Fiera stenta a decollare (il fatturato è scivolato dai 36 milioni del 2010 a 21,7 milioni del 2014). Occorre quindi pesare bene a cosa fare per evitare di privare la Capitale di un prezioso spazio espositivo. E non solo di quello. Dopo otto anni di tira e molla, il Comune di Roma ha infatti approvato a luglio la variante per la riqualificazione dell’area della vecchia Fiera di via Colombo localizzata in una zona semi-periferica della Capitale. Il Campidoglio ha deciso che metà dell’area (7,6 ettari in totale) sarà destinata a verde pubblico. Sul resto sarà possibile edificare fino a 75mila metri quadrati, una quota inferiore a quanto inizialmente previsto dalla giunta Alemanno (91,3mila)  e da quella Veltroni (87,9 mila), ma di gran lunga superiore all’attuale cubatura della Fiera (circa 44mila metri quadrati). Basterà la prospettiva della riqualificazione urbana dell’ex polo espositivo a risollevare le sorti della Fiera srl che, a luglio, ha rischiato il collasso sotto il peso di 200 milioni di debiti contratti principalmente con Unicredit? Secondo il Comune, la risposta è si: l’intero progetto di sviluppo dovrebbe infatti valere attorno ai 300 milioni di euro. E potrebbe quindi essere un buon punto da cui ripartire. In realtà pero’ i tempi del mattone sono decisamente più lenti di quelli della finanza. Per entrare nella fase operativa del progetto ci vorrà infatti circa un anno: sulla falsariga della riqualificazione di via Guido Reni, Comune e Camera di Commercio dovranno infatti siglare un protocollo d’intesa  prima del lancio di un bando per identificare il piano più adeguato al recupero dei vecchi spazi espositivi. Non è stata ancora fissata una data per la firma, ma al Campidoglio assicurano che l’intesa non tarderà. Le banche creditrici, Unicredit in primis, sono impazienti: gli istituti non sembrano affatto intenzionati ad attendere i flussi di cassa che arriveranno dall’ultimazione di un progetto di cui si parla da dieci anni. Cosi’ la prospettiva più realistica è la vendita degli asset in mano al Comune e alla Camera di Commercio. Difficile immaginare che i due principali soci del polo fieristico possano liberarsi in toto della Investimenti spa come nei desiderata della Photonike capital. Più probabile invece l’ipotesi di cessione del solo progetto di riqualificazione della vecchia fiera su cui avrebbero già messo gli occhi alcuni costruttori della capitale. I nomi che circolano con maggiore insistenza sono quelli di Salini e di Caltagirone, che vorrebbe puntare su un’area della capitale più centrale rispetto a quelle sviluppate dalla sua Domus spa, veicolo del mattone residenziale romano periferico da tempo in lizza per lo sbarco in Borsa. Come accade in ogni compravendita, le controparti dovranno naturalmente trovare un accordo sul prezzo. Non proprio un’operazione facile nel momento in cui il mercato immobiliare della capitale è in rallentamento e non si vedono all’orizzonte segnali di schiarita. (Elena de Santis)

 

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